Musica
La sobria perfezione di Fabrizio De Andrè
Tributo al più grande cantautore italiano. Non è facile parlare di De Andrè e descrivere la sua grande personalità, le sue storie così piene della realtà a cui quasi nessuno faceva caso.

Una Mercedes Bianca, una famiglia in viaggio ed una cassetta nera, di quelle con il nastro che, a ripetizione, accompagna il viaggio dei Loria. Il più grande, Giacomo, il capo famiglia è amante del cantautorato italiano: Lucio Dalla, Roberto Vecchioni, Claudio Baglioni, Fabrizio De Andrè mentre i tre figli, tutti piccolini, urlano e pretendono che si cambi, finalmente, registro. Ma niente da fare, “Dovete imparare ad apprezzare la poesia, l’arte italiana”.
Sono trascorsi 21 anni, troppi se inizi a pensare a quel ricordo di un lunedì mattina in autostrada. Nelle mie orecchie, però, quelle parole alla radio risuonano ancora limpide, chiare: si annunciava la morte di Fabrizio De Andrè, del poeta degli sconfitti. Riecheggiano le parole di chi, quel giorno, parlava di una grande perdita per il panorama musicale italiano, per la nostra società.
Scrivere di Fabrizio De Andrè non è semplice: Faber, così chiamato dall’amico fraterno Paolo Villaggio, ha descritto noi, tutti quanti noi, tutte le nostre sfaccettature, i nostri più reconditi misteri, le nostre più profonde paure, in ogni singola parola, in ogni singolo testo e nota musicale. Limitarsi ad elencare gli avvenimenti della sua vita sarebbe ignobile e semplicistico, come riduttiva è qualsiasi descrizione che io possa proporvi del più grande cantastorie che Genova abbia mai concepito.
Fabrizio De Andrè è stato il più grande cantautore italiano di tutti i tempi, il più grande cantastorie che è riuscito ad unire, nei suoi 59 anni, vite, storie e personaggi in una produzione artistica immensa. Ha composto, scritto e cantato di tutti noi, delle nostre debolezze, dei nostri peccati, delle nostre curiosità.
Ha portato, per la prima volta, in primo piano, gli emarginati, i reietti, i soldati, la borghesia, le prostitute riuscendo a far capire che, nella musica, non serve parlare di soltanto di amore frivolo per aver successo. I protagonisti delle sue canzoni sono diventati protagonisti delle nostre vite: Piero, Tito, Geordie, Princesa, Marinella. Fabrizio De Andrè è stata la voce anticonformista che ha sfiorato ogni generazione, che ha sfiorato ed attraversato con sobria perfezione la storia.
E’ quell’artista continua a restare unico nel suo genere, unico in questa Italia, per il semplice fatto che nessuno prima e dopo di lui ha parlato, nelle sue canzoni, di tanti e svariati argomenti, toccando sostanzialmente ogni sfaccettatura dell’essere Uomo, colpendo ogni singola persona nel proprio ego.
Ha deriso i potenti, ha costruito l’amore a proprio modo, ha parlato della solitudine e dell’allegria, ha parlato con Dio, ha avuto un pensiero per i morti. Ha insegnato, alla storia, che è possibile parlare, attraverso la canzone, di avvenimenti, di uomini e di realtà.
Fuori dagli schemi, originale e raffinato ha emozionato tutti con La Canzone di Marinella, cantando la storia di Dolcenera o di Tito. Alla costante ricerca di un messaggio universale di uguaglianza, alla ricerca di una lotta alle regole e tradizioni imposte dalla società, Fabrizio De Andrè ha avuto il merito di renderci viaggiatori nel tempo e nello spazio, di renderci liberi dal giudizio, di espandere il cuore. Le sue canzoni sono continue narrazioni, una raccolta di storie personali dell’autore, vicende divulgate per impedire che la morte cancelli dall’esistenza gesti, ascese e cadute di personaggi che hanno calpestato il nostro Pianeta.
Le dinamiche del potere e della politica sono quasi onnipresenti, attraverso una posizione anarchica e libertaria: i potenti sono derisi ed irrisi e ciò che rimane è l’immagine di una giustizia ingiusta. Fabrizio De Andrè ha avuto l’onere e l’onore di insegnarci a non aver paura di essere un uomo, a non aver paura di guardare in faccia la vita con la curiosità di un bambino ma, nello stesso tempo, di viverla con la forza impetuosa di un trascinatore, un trascinatore gentile che disdegna la guerra, in ogni sua forma, un trascinatore che attacca, in modo a tratti crudele, gli uomini che mettono uno contro l’altro gli stessi fratelli per colpa di una divisa di diverso colore. La sua capacità pittorica di rappresentare una scena, una situazione, con poche parole estremamente precise ha reso Fabrizio De Andrè e le sue composizioni assolutamente speciali e riconoscibili.
“Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per esser protetto da una storia”.
Sono passati 21 anni da quel giorno, 21 anni da quel’ 11 gennaio 1999. Grazie papà, grazie per avermi fatto scoprire la poesia di Fabrizio De Andrè, per ricordarmi ogni giorno quanto siano ineguagliabili la sua meraviglia ed il suo prodigio. Grazie papà, grazie per non aver mai cambiato cassetta: hai permesso a De Andrè di donare lacrime e forza ogni volta che, un testo, colpiva il mio cuore. Grazie papà per avermi fatto amare Fabrizio De Andrè.
Ma, soprattutto, grazie Fabrizio: sono giovane, innamorata della vita, innamorata dell’immensa imperfezione di questa vita grazie, anche, alle tue poesie. Resti il protagonista indiscusso della mia playlist e ti prometto che, finché continuerò ad avere voce, la tua poesia non si disperderà.
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