Cittadini
“Odio gli indifferenti”
Il nostro Paese si divide tra chi è responsabile e tra chi se ne frega. Una spaccatura dicotomica che vede contrapposte due differenti visioni. Da una parte chi mette sullo stesso piano la propria incolumità e quella degli altri; dall’altra, invece, chi continua a fare finita di nulla, come se niente fosse successo.

Appello ai giovani, ai nostri coetanei.
Alea iacta est. L’emergenza Coronavirus non è più un problema soltanto per Milano, Codogno, Crema, la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia o il Veneto. Il vento gelido del Nord è arrivato in tutta Italia, a Roma, nel Lazio, come nel profondo Sud. Ieri i contagiati erano 6387 e le vittime 366. L’aumento dei casi rispetto a sabato è di 1326 (+26,2% in un giorno). L’epidemia sta accelerando e lo scarto numerico tra venerdì e sabato è stato di 1145 casi. I guariti sono 622. Il tasso di letalità è pari al 4,9, mentre in Cina è del 3%. L’Italia è il secondo Paese al mondo, proprio dopo la Cina, per numero di vittime e di contagi da Coronavirus Numeri da bollettino di guerra.
Nella Capitale (come in gran parte dell’Italia), dove migliaia di persone non sono ancora del tutto convinte che non si tratti di una “semplice influenza”, chiudono le discoteche, i locali, le palestre, gli impianti sportivi, le piscine, i cinema, i teatri. La città si ferma, gli studenti non vanno né scuola né all’università, il lavoro continua (ma non per tutti). Cambiano i programmi tanto quanto le abitudini. Ma è davvero così? Veramente i romani, e gli italiani tutti, stanno costruendo, da qui al 3 aprile, un’agenda quotidiana all’insegna della responsabilità? Oppure fanno finta di nulla, vittime dell’egoismo e forti di un finto “ribellismo” che li porta a fregarsene completamente del prossimo, del vicino di casa, dell’amico, dell’amica o del collega?
Ormai, è sempre più chiaro, il nostro Paese – Roma ne è lo specchio – si divide tra chi è responsabile e tra chi se ne frega. Una spaccatura dicotomica che vede contrapposte due differenti visioni. Da una parte milioni di persone, migliaia a Roma, che senza farsi fagocitare dalla psicosi da Coronavairus stanno lentamente, e non senza difficoltà, riuscendo a cambiare le proprie abitudini, mettendo sullo stesso piano sia la propria incolumità che quella degli altri.
Dall’altra, invece, altrettanti che in barba alle raccomandazioni, ai consigli, ai decreti, alle ordinanze, continuano a fare finita di nulla, come niente fosse successo, come se tutti quei malati non contassero nulla, come se le vittime di questo maledetto virus fossero soltanto un numero, per lo più distante, privo di valore o significato. La situazione è seria, anzi drammatica. Chi la sottovaluta o minimizza i pericoli, chi non si attiene a tutte le regole consigliate dalle autorità contribuisce, con la propria superficialità, ad accelerare l’avanzata del virus che sta devastando il nostro Paese, e non solo il nostro.
Sapete quanta gente incontriamo ogni giorno? Con quante gente parliamo e con quante persone abbiamo un’interazione? Voi veramente pensate, cari “amici” negazionisti pseudo estimatori dell’orrido, che siccome abbiamo vent’anni non possiamo essere contagiati? E ci pensate mai a chi in casa vive o convive con famigliari anziani o malati, non perfettamente in salute o forse già piegati da qualche malattia che non li rende perfettamente stabili? Cari irresponsabili, che non fate altro che riempirvi la bocca di termine titanistici da far rabbrividire anche le vacche, lo capite che questa guerra che stiamo combattendo contro il coronavirus potrà essere vinta solo se combattuta assieme?
Sfidare il Coronavirus con esibizioni di ottimismo non ha senso. Meglio temerlo ed isolarlo, spezzandone la progressione. Sapremo, cari coetanei, provare a mettere da parte l’egoismo o la baldanza del soldo ed investire le nostre energie nel produrre qualcosa di concreto?
Il Presidente Conte, in una interessante intervista a “La Repubblica”, ha chiarito bene quali devono essere le prese di posizione in questo frangente così delicato: “Le nostre rinunce sono per il bene di tutti, seguiamo le regole e l’Italia si rialzerà. L’ora è buia ma dobbiamo farcela”. Parole forti, ma ricche di significato. Non semplici da comprendere, ma strategiche per il Paese. Stiamo combattendo una guerra, dobbiamo tutti schierarci dalla stessa parte della barricata, senza eccezioni e con spirito di sacrificio.
Certo, era chiaro fin dall’inizio che per noi italiani la cosa più difficile sarebbe stata rinunciare al nostro “way of life”, trasformandoci in animali asociali, adottandoci a regole ferree degne di un’economia di guerra. La paura è entrata nella nostra vita, nel nostro mondo, nella nostra comfort zone. Ammetto che in queste ore mi sono in parte ricreduto grazie alle centinaia di persone che stanno postando sui social, sensibilizzando sul tema, grazie anche alla campagna #stiamoacasa.

Grazie ai ragazzi de L’Associata, all’associazione Green Atlas, a Giacomo e ad Alessandro , che come altri numerosi amici che lavorano nel mondo dei locali stanno veramente vivendo sulla propria pelle le contraddizioni dell’emergenza Coronavirus. Grazie a Lorenzo P., che non smette di incoraggiare; un grazie va anche agli amici di Aware, che oltre ad invitare alla responsabilità hanno lanciato una petizione online sulle buone pratiche della Comunicazione. Un ringraziamento a Francesco, che nonostante i capelli disordinati ha comunque postato un video in cui invita alla prudenza ed al rispetto delle regole; grazie ad Ilvo Diamanti, che nel suo articolo di oggi “La paura della paura” ha centrato perfettamente il punto.
Ed infine, grazie alla redazione de “La Politica del Popolo” che ha dato spazio a questo pezzo; ma un ringraziamento va chiaramente a tutti voi, che avete letto questo articolo e che magari vi siete ricreduti.
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