Politica
Calenda:” Il livello d’ascolto del governo è pari o uguale a zero”
Carlo Calenda:”Politici come Di Maio, Salvini, Meloni e Tajani non hanno mai fatto nulla e con loro il Paese va a sbattere”

La pandemia mondiale scatenatasi a causa del Covid 19 ha costretto in molti a rivedere le priorità, portando gli stati membri dell’Unione Europea a dover trovare una sintesi per rispondere in maniera unita. Un dato che non emerge dall’esito dell’ultimo Eurogruppo. Di Europa, di Italia e di futuro, economico e politico abbiamo parlato con Carlo Calenda, fondatore e leader di Azione, già Ministro dello Sviluppo Economico oggi in prima linea nella lotta ai danni causati dal Coronavirus.
- Onorevole Calenda, una valutazione sull’Eurogruppo di questi giorni. E’ un passaggio a vuoto?
E’ certamente un passaggio a vuoto su un tema che non è stato chiarito fino in fondo.
- A cosa servono gli eurobond?
Su questo il governo italiano non è stato sufficientemente chiaro. Gli eurobond sono strumenti che servono per finanziare l’Europa, non per finanziare l’Italia. Se l’Europa non risponde con un piano che sia valido per tutti i paesi membri, e quindi per esempio valido sulle garanzie bancarie o sulle garanzie per l’occupazione ma ognuno si fa il suo piano, quello che succederà è che il mercato interno europeo andrà a pezzi. Chi ha più soldi potrà aiutare di più, chi ha meno disponibilità potrà aiutare meno. Gli Eurobond non sono soldi da dare all’Italia, alla Francia o alla Spagna ma sono soldi da dare all’Europa, soprattutto dato che ha un budget molto limitato, cioè intorno all’1% del reddito nazionale lordo. Ed è un concetto molto diverso da quello del Mes. Il fondo salva stati presta dei soldi, e anche se fossero senza condizioni vorrebbe comunque dire che è un prestito all’Italia. Siccome in questo momento l’Italia può emettere debito ad un costo molto basso, grazie alla BCE, non si vede perché dovrebbe prendere il Mes.
- In questi giorni si parla spesso dell’Olanda. Perché è stato identificato come un paradiso fiscale interno ai confini comunitari?
Perché l’Olanda ha fatto un serie di normative, in parte fiscali e in parte di governance. Le aziende che insediano il loro quartier generale in Olanda hanno delle regole molto convenienti per gli azionisti, e poi hanno una normativa fiscale molto comoda. In particolare, per quel che concerne la licenza di un marchio di fare delle operazioni che consentono un’ottimizzazione fiscale molto forte; così succede che tutte le aziende europee prendono la sede legale lì. In questo modo consentono di garantire un gettito fiscale enorme per loro, togliendone moltissimo a noi. Con gli amministratori di destra e sinistra che stanno affrontando la crisi nel nord Italia abbiamo scritto una lettera in cui abbiamo detto che il comportamento dell’Olanda non è etico né solidale.
- Con il dl liquidità si aggiungono 400 miliardi ai 350 del Cura Italia, risulteranno sufficienti?
Innanzitutto non sono 750miliardi; queste sono cifre che il governo fornisce in maniera sommaria. Loro ipotizzano che i soldi che hanno stanziato, nell’ordine dei 50 miliardi, riusciranno a garantire 750miliardi di prestiti. Ma è una loro valutazione. Io penso che non sarà così, ne garantiranno molti meno. Inoltre, il principale problema del primo decreto era quello di essere costruito molto male dal punto di vista di implementazione. La cassa integrazione era molto complicata, è necessario metterci subito di fianco l’anticipazione bancaria altrimenti non funzionerà. C’era poi una disparità di trattamento tra autonomi e cassaintegrati che era incomprensibile. La struttura delle garanzie passava, e dovrebbe passare ancora, per il fondo centrale di garanzia: era troppo complicata per gestire quel numero di garanzie. Il problema dell’Italia è che non c’è nessuna attenzione alla gestione, si fanno le norme prescindendo dal capire come quelle norme potranno avere effetto nella vita reale. Una visione che manca continuamente. È assente nel Cura Italia e probabilmente non ci sarà nemmeno nel nuovo decreto, almeno secondo quello che si legge, con il risultato che questi fondi garantiti non arriveranno mai alle imprese.
- Non si immagina ancora la fase due. Siamo in ritardo?
Siamo in ritardissimo. Noi abbiamo mandato al governo un progetto di organizzazione di questo secondo team di lavoro, che deve essere capeggiato da un manager e da un esperto di sanità pubblica. Deve riferire ad un gruppo guida che deve avere dentro anche l’opposizione, altrimenti chi non è al governo si fa sempre i fatti suoi sul greto del fiume ad aspettare il cadavere dell’esecutivo. Sebbene questa volta potrebbe passare prima il cadavere dell’Italia.
Bisogna muoversi secondo precise linee di lavoro, abbiamo mandato anche una slide organizzativa. Il problema è che fin quando bisogna chiudere tutto è tutto semplice, fai un decreto scritto male in cui dici alla gente di rimanere in casa altrimenti si fanno le multe. Il problema è organizzare la ripartenza, individuando dove si trovano i tamponi, dove si prendono le mascherine, come si fanno le analisi sierologiche e a chi farle, immaginando a che categorie riaprire, in che tempi, come aiutare gli anziani che rimangono a casa. Questo significa “fare”, e qui l’azione del governo si inceppa. Questo governo sta scegliendo la strada più semplice, e mentre supporto e condivido l’azione in Europa sul piano interno lo status è molto deficitario.
- In uno dei suoi ultimi interventi nel corso di Piazzapulita su La7 in compagnia di Corrado Formigli, aveva suggerito di promuovere l’ingresso di aziende straniere specializzate nella produzione di macchinari sanitari per soddisfare l’approvvigionamento di materiali necessari.
Io penso che sul tema degli approvvigionamenti del materiale sanitario, che è uno dei capitoli ma non l’unico, è stato fatto un errore gravissimo. Sono rimaste in piedi le procedure della Consip, ovvero i bandi di gara che se pur velocizzati sono caratteristici di una gestione normale. Dal primo giorno andava affrontata con una totale libertà di movimento, perciò andava equiparata l’azione del commissario per gli approvvigionamenti Arcuri a quella di un’azienda privata. Quindi scegli l’offerta e procedi, senza la possibilità di avere ricorsi o controricorsi. Perché in una situazione straordinaria non si può attendere quei tempi. Basti pensare che tutto il mercato dei respiratori nel mondo vale due miliardi e mezzo ed in Italia la produce solo una ditta. Bisognava fare quel lavoro, e andava fatto in modo più strutturato. Ho dato la disponibilità a dare una mano ma non è stata accolta.
- Onorevole Calenda una domanda sulla sanità è doverosa. Il governo sono anni che specula su questa formula linguistica, ma quest’anno si presenteranno 22 mila medici ad un concorso dove ci sono 8 mila posti. Cosa bisogna fare perché si possa seriamente investire sulle borse di studio per la specializzazione?
Noi avevamo messo come priorità assoluta la sanità ben prima del Coronavirus. In quel momento non siamo stati considerati, si parlava solo di flat tax e di pieni poteri. Cose che poco avevano a che fare con la vita dei cittadini. Una delle nostre proposte era di saturare e finanziare per intero le borse di specializzazione, anche perché se volessimo considerare le cose da un punto di vista astratto economico succede che noi formiamo i medici ma non dando loro la possibilità di specializzarsi questi vanno all’estero. Ogni persona formata in medicina vale il costo di circa 200mila euro per tutto il corso di studio, noi regaliamo in sostanza questi fondi ai paesi esteri poiché i nostri medici si specializzano altrove e rimangono a lavorare lì. Le ultime mi dicono però che Speranza ha intenzione di finanziare ulteriori 5mila borse da aggiungere a quelle che erano state inserite nell’ultima manovra finanziaria e questo sarebbe un ottimo segnale.
- Passiamo a parlare dell’Europa. La solidarietà europea raccontata ieri dal Premier è un fatto rilevante? Il modello Italia risulta realmente così apprezzato?
Il problema è che l’opinione pubblica è molto confusa su quello che è l’Europa e sul suo ruolo, soprattutto si confondono due piani: quello che sono le istituzioni europee e quelli che sono gli stati che hanno ancora una fetta di potere immenso sull’Europa. Quando noi diciamo che l’Europa non fa qualcosa, dobbiamo capire che non sono le istituzioni comunitarie a non fare qualcosa ma sono le nazioni a non farglielo fare. Per esempio, per lungo tempo noi abbiamo detto che i migranti arrivati in Italia è giusto che siano redistribuiti tra i paesi europei. Ad impedirlo è l’accordo di Dublino, in cui è spiegato che solo i paesi di arrivo sono responsabili. Quell’accordo era stato firmato dagli stati, il Parlamento europeo ha chiesto di rivedere quell’accordo ma sono gli stessi stati che non lo hanno fatto. Noi abbiamo il paradosso che l’Europa non funziona perché è ancora troppo “Europa delle nazioni” e poco “Europa delle istituzioni”. Ma questo non è chiaro ai cittadini, e spesso quando vedono un atteggiamento sbagliato dell’Olanda non pensano allo stato ma dicono che è un atteggiamento sbagliato dell’Europa.
- Manca una guida politica, per ora rimane una realtà economica?
Sì, ma anche nella parte economica rimane limitata, perché i poteri esercitabili dalla Commissione europea sono legati al commercio e al mercato interno. Cioè far si che il mercato interno all’Unione Europea funzioni come si deve. Tutte le decisioni vengono prese con un passaggio presso il Consiglio dell’UE, che ha vari formati. In quei consigli siedono i paesi membri e devono sempre approvare, creando così un ibrido come modello di funzionamento in cui un pezzo di potere enorme rimane nelle mani degli stati membri che non se lo vogliono far togliere.
- Salvini negli scorsi giorni aveva preparato un emendamento per deresponsabilizzare la classe politica laddove si fosse deciso di non assistere il personale sanitario con le giuste apparecchiature. In poche ore l’emendamento è stato ritirato. Trova che in questo momento di crisi, le forze di opposizione con impronta populista-sovranista vivano un momento di difficoltà ad intervenire nel dibattito pubblico?
Loro non leggono le carte. Dopo il Cura Italia riunii il mio vecchio staff del Mise per realizzare un documento molto analitico. Volevamo dare al governo delle soluzioni alle cose che stavano facendo. Avevamo individuato delle strade migliori per dare seguito al loro lavoro. Per realizzare questo documento ho chiamato Crosetto, Giorgetti e Gianni Letta, così da portare insieme un documento costruttivo come opposizioni. Non c’è stato verso, nel senso che loro tre erano d’accordo ma Tajani, Meloni e Salvini vogliono andare in televisione a fare il loro show in cui dicono delle inesattezze. E’ evidente che la ragione la si ritrovi in una chiara mancanza in termini gestionali, quindi la loro capacità di comprendere un problema di amministrazione e proporre una soluzione è pari a zero.
Il documento presentato da Forza Italia era molto superficiale, con una serie di invocazioni generali. Noi abbiamo un problema di classe dirigente perché abbiamo considerato la politica solo come uno scontro ideologico. E’ certo che ci sono ideologie diverse, però dopo l’idea della società che si ha bisogna avere la capacità di realizzarla. Loro non hanno nessuna competenza tecnica per gestire qualsiasi cosa, così come per altro la maggior parte dei cinque stelle. Ecco perché non fanno i confronti televisivi. Questo è un livello di dibattito che non c’è negli altri paesi, perché nell’estrema destra o sinistra ci si può confrontare con persone competenti. Se prendi Di Maio, Salvini, Meloni e Tajani sono persone che non hanno mai tecnicamente fatto nulla, ed una classe politica così manda un Paese a sbattere.
- Che rapporto avete in questo momento con l’esecutivo?
Un rapporto quasi nullo. C’è una buona intesa invece con il Ministro Gualtieri che ho sostenuto alle elezioni europee quando era candidato con Siamo Europei. E’ una persona che stimo e a cui provo a dire le cose. Il problema è che le soluzioni poi non vengono adottate. Io potrei mettermi benissimo a fare l’opposizione come la fanno gli altri e forse sarebbe anche più premiante. Ma rimarrebbe una stupidaggine; sembra che facciamo politica per infanti o adolescenti testosteronici. Io sto cercando di fare politica seria, ma il livello d’ascolto del governo è pari o uguale a zero.
- Come commenta il ritiro di Bernie Sanders dalle primarie dei democratici, e soprattutto è Joe Biden l’alternativa?
Io non sono un vero fan di Joe Biden, non è una figura carismatica. E’ il classico americano democratico e centrista. Oggettivamente però è quello che ha più possibilità di vincere, ed io penso che il problema numero uno dell’occidente sia levarsi Trump, anche perché non ho mai visto le cose che fa e che dice da parte di nessun’altro presidente degli Stati Uniti. Però bisogna stare attenti perché Trump non è così debole come sembra, è un uomo da campagna elettorale, capace di parlare al paese dimenticato. Biden è una persona azzimata che è considerato un insider di Washington.
- Immaginiamo che questo esecutivo arrivi fino a fine legislatura. Se da un lato dovessero esserci Pd con M5S e dall’altro Lega, FdI e Fi, Azione sarà al fianco di Iv?
In politica mai dire mai, quindi non glielo so dire. Posso dire che non sono affatto certo che alla fine Renzi non vada con la coalizione di centrosinistra, e poi abbiamo differenze che non sono solo nel modo di fare politica ma ci sono anche delle differenze di pensiero. Io per esempio, ritengo che bisogna avere uno stato forte nelle sue funzioni fondamentali, ovvero sanità, scuola e sicurezza. Renzi ha un’attenzione molto flebile nei confronti dello stato, lui ha preso una posizione che è molto pro-impresa e in questo si legge una vicinanza. Però bisogna ricordarsi sempre che esistono mondi che vanno tenuti in considerazione insieme, e quindi l’azione liberale che esce fuori dal mondo dell’impresa deve essere controbilanciato da un aspetto più sociale.
- Lei come si pone davanti al dibattito del futuro?
La mia visione di temi complessi come globalizzazione e innovazione tecnologica non è la stessa di Iv, loro hanno una visione molto semplicistica in cui tutto andrà bene. Molto simile a quella che era di Tony Blair anni ’90, io non penso questo però: tecnica, innovazione e globalizzazione sono fenomeni da governare perché spaccano la società. Non vanno eliminati e non possono essere eliminati, perché portano molte cose buone ma vanno gestiti con pragmatismo. E quell’idea di “politica finta terza via”, perché la terza via è una cosa più complessa, non mi rappresenta. Quindi ho molto differenze tecniche al momento, oltre alle differenze di etica. Se la politica si fonda sulla coerenza, una volta che non si mantiene la parola non vale più quello che dici. Oggi non lo so quindi, ma le vie della politica sono tante. Mi piacerebbe invece fare un accordo con Più Europa, hanno una visione dell’Europa un po’ più spinta della mia ma penso che ci siano le condizioni per farlo.
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