Cultura
La serenità di Seneca
Seneca uno dei più grandi filosofi classici, ci aiuta a capire l’oggi con parole di ieri.

Quando si parla di serenità ci si immagina subito su un’altura, al tramonto, con la persona che si ama a guardare le montagne. Nulla di più vero! Ed è proprio questo che Seneca fa sentire nelle risposte alle domande di Sereno, alla basa della teoria di Seneca sulla serenità. Ci tengo anche a dire che in momenti di incertezza e paura come questo la lettura e la comprensioni di testi riguardanti la serenità è senz’altro essenziale.
Si potrebbe dire che anche solo la lettura -senza una vera applicazione dei consigli dati a Sereno da Seneca- potrebbe farci fare un passo considerevole verso la serenità, giacché prendere coscienza del proprio io è sicuramente un passo verso la serenità. Bisogna però fare una parentesi perché Seneca da due storte di consigli, una parte per il “volgo” “l’ignorante” e l’altre per il “saggio” “il sapiente”. Secondo Seneca il volgo e il saggio devono avere due stili di vita ben precisi e questa distinzione così categorica è uno dei punti cartine dell’epistole dedicata a Sereno.
Seneca esprimendo concetti che si potrebbero definire la base della morale cristiana -francescana e ascetica, da anche numerosi consigli riguardanti l’amicizia e le relazioni umane. Su questo punto in particolare egli si rivelerà illuminante perché partendo dal principio della solitudine, arriva a disquisire di amicizia e divertimento. Autori come Cicerone determineranno la forma del pensiero di Seneca. Si potrà notare leggendo la Repubblica di Cicerone, che Seneca riprende concetti relativi all’amicizia. Entrambi esprimono l’opinione che avere amici sani -mentalmente e fisicamente- è decisivo per lo sviluppo della serenità e che questi ultimi debbano sempre sostenere il tuo volere di libertà -intesa come un pizzico di follia. A sostegno di questa tesi anche Anacreonde definisce la follia come talvolta piacevole e necessaria così come Aristotele che la definisce amplificatrice delle grandi imprese. Ma come si collega l’amicizia alla serenità? Seneca esprime il concetto di svago come necessario per la nostra serenità interiore quindi il bisogno di relazioni, amicizie e follie è assolutamente necessario per la stabilità mentale, che in questo periodo di solitudine e incertezza deve essere garantita da esempi di rettitudine e pragmatismo.
Seneca basa la sua tesi su principi che assomigliano -come precedentemente accennato- all’ascetismo cattolico e basa gran parte della sua tesi su principi moralisti, quasi religiosi. Egli esprime come oggetto di serenità la povertà volontaria, dato che egli sostiene che chi non ha niente non perde niente e quindi non è oggetto di agitazione e malinconia. Al contempo sostiene che una vita dissipata e ostile ai rapporti umani non è la soluzione per liberarsi dalla malinconia come dall’agitazione.
Quest’ultimo principio è coerente ma Seneca dice anche che questi pensieri non sono imposti né al volgo né al saggio perché, in qualsiasi modo si voglia vivere, occorre rassegnarsi agli imprevisti della vita. Anche Schopenhauer si è inspirato a questo concetto che ha chiaramente espresso nel suo saggio “la ricerca della felicità”, dove il pensiero della ricerca della felicità è sempre ostacolato dal caso e dalla sfortuna e quindi meglio vivere in maniera semplice e non preoccuparsi delle conseguenze, che vivere nell’ansia. Schopenhauer esprime anche il concetto che la vita deve essere vissuta in maniera da evitare ogni sorta di preoccupazione, perché la felicità non consiste nella ricerca del piacere ma nell’evitare il dolore.
Seneca esprime il pensiero di serenità come portatore del principio di stabilità morale. Questo principio consiste nella rettitudine morale che deve dominare la vita di tutti. Ognuno di noi si deve adoperare per dare un contributo al bene, ma sempre cercando di evitare malinconia e dolore, perché questo è l’obiettivo di tutti coloro che tendono al raggiungimento della serenità – che ora come ora non è mai stata così necessaria.
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