Cultura
17 Aprile 1944, Quadraro e quel nido di vespe da scacciare
Era il 17 Aprile del 1944 quando nel quartiere Quadraro a Roma si assistette ad uno dei più grandi rastrellamenti da parte delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale: 2000 le persone catturate e almeno 683 quelle deportate.

Era il 17 Aprile del 1944 quando nel quartiere Quadraro a Roma si assistette ad uno dei più grandi rastrellamenti da parte delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale: 2000 le persone catturate e almeno 683 quelle deportate.
Un covo di partigiani, di sabotatori e di oppositori al regime viveva in quella periferia romana, considerata dai nazifascisti come “un nido di vespe da scacciare”.
I rapporti tra i residenti e gli occupanti si fecero giorno dopo giorno più tesi, tra ribellioni continue e coprifuochi sempre più stringenti.
Ma cerchiamo di ripercorrere i giorni che precedettero la cosiddetta “Operazione Balena” (in tedesco Unternehmen Walfisch ).
Quello che fece crescere le tensioni nel quartiere era il continuo inasprimento dei metodi repressivi da parte delle truppe tedesche per tentare di porre fine alle ribellioni diventate quasi quotidiane.
Inizialmente il Comando tedesco anticipò l’ora del coprifuoco alle 16.00 agli abitanti del Quadraro, di Torpignattara, di Centocelle e del Quarticciolo.
La carenza dei viveri e le condizioni di vita disumane aumentavano il senso di disperazione della popolazione romana.
Probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso, come si suol dire, fu l’attentato del 10 Aprile a Cinecittà: Giuseppe Albano, detto il “Gobbo del Quarticciolo” quel lunedì di Pasqua assalì con i suoi compagni alcuni soldati tedeschi, tre dei quali morirono sul colpo.
Fu Kappler, comandante della Gestapo a Roma, ad organizzare in tutta segretezza, dopo l’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 Marzo, l’Operazione Balena che prevedeva il rastrellamento e la deportazione in Germania della popolazione del Quadraro.
Fu necessario un numero imponente di uomini e mezzi per portare a compimento l’operazione.
Fino a quel momento, le strade del Quadraro rappresentavano dei luoghi sicuri per la Resistenza romana, per gli oppositori al regime era facile spostarsi da una parte all’altra dei quartieri senza essere visti dai soldati tedeschi.
Così, verso le quattro del mattino, il 17 Aprile le truppe tedesche circondarono il quartiere, bloccando tutte le vie d’accesso e di uscita. I soldati, sotto la guida di Kappler, con l’appoggio della Gestapo, delle SS e della Banda Koch (reparto speciale di polizia della Repubblica Sociale Italiana), iniziarono il rastrellamento.
Furono circa duemila le persone catturate, per la maggior parte uomini tra i diciannove e i cinquant’anni. I prigionieri vennero portati al cinema Quadraro e vennero schedati. Ammassati come bestie, vennero poi caricati sui camion e portati a Cinecittà. Qualcuno riuscì a fuggire, coloro che vennero scartati durante la selezione, furono arrestati.
«Avvertimento alla cittadinanza romana. La dura risposta germanica che, pur troppo, ha dovuto far seguito al delitto consumato in via Rasella, ha trovato evidentemente in alcuni ambienti poca comprensione. Nel lunedì di Pasqua, nuovamente, parecchi soldati germanici sono caduti alla periferia di Roma, vittime di assassini politici. Gli attentatori riuscivano a rifugiarsi, senza essere riconosciuti, nei loro nascondigli in un certo quartiere di Roma dove loro trovavano protezione verso i loro compagni comunisti.
Il Comando superiore germanico è stato perciò costretto ad arrestare nel detto quartiere tutti i comunisti…
La popolazione di Roma comprenderà queste misure. Essa potrà evitarle in avvenire partecipando attivamente alla lotta contro la delinquenza politica e informando il Comando superiore germanico…
Chi si sottrae a questo obbligo si rende complice….»
I cittadini reclutati furono portati a Grottarossa, da lì vennero caricati su un treno fino a Terni, trasferiti poi al campo di transito di Fossoli. Il 24 Giugno furono arruolati come “operai italiani volontari per la Germania”, deportati in Germania e in Polonia e costretti a lavorare nei campi di concentramento. Molti di loro sopravvissero all’arrivo degli Alleati. Soltanto la metà dei deportati, però, tornò al Quadraro. Tra i 683 conteggiati da Don Gioacchino Rey, sedici risultarono deceduti, ma, probabilmente, si tratta di un dato incompleto, le varie testimonianze si accavallano ancora oggi.
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