Politica
Odi et Amo: il movimento 5 stelle e la politica filocinese
Dall’odio all’amore per la Cina, il Movimento è in Italia il partito che sta creando un terreno di cultura favorevole verso il Dragone.

Correva l’anno 2012 e Beppe Grillo criticava sul suo blog la neo-maoista la sinistra italiana capitanata dal PD, che aveva rifiutato di dare la cittadinanza onoraria di Milano al Dalai Lama dopo le pressioni di Pechino rivolte all’allora sindaco Pisapia. Sono passati molti anni da questo episodio e le simpatie del M5S per Pechino si sono ribaltate, facendo dei grillini i principali artefici di una politica filocinese e l’Italia terreno di cultura favorevole verso le strategie di soft power che il Dragone sta attuando per ingraziarsi l’occidente, colpito duramente dalla pandemia. Il tema ritorna centrale oggi più che mai, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Di Battista in un post su Facebook.
Grillo e le cene all’ambasciata cinese

Già nel 2013 la svolta: dalle contumelie al fraterno abbraccio tra Casaleggio, Grillo e l’ambasciatore cinese di allora, Ding Wei. La foto che li ritrae, scattata il 24 giugno 2013, segna l’inizio del sodalizio tra il movimento e il regime, spesso reiterato negli anni, fino ad arrivare al novembre 2019, quando il padre politico del movimento partecipa ad una cena presso l’ambasciata cinese. Dell’incontro non si sa nulla, né i motivi, né gli esiti, ma fonti affermano che si è svolto in un clima di concordia e di condivisione.
Di Maio e la via italiana per la seta

Non sono un mistero le simpatie di Di Maio per la Cina: l’ormai ex leader del movimento si presenta giubilante ai fotografi dopo aver firmato il memorandum il 23 marzo 2019, che definisce come una svolta chiave nelle relazioni bilaterali tra i due paesi. Sullo scetticismo mosso dall’Ue non si esprime, mentre tempo dopo, nella visita in Cina nel novembre 2019 come Ministro degli Esteri, si dice tranquillo sulla posizione USA, affermando: “Credo che il presidente Trump, che è un uomo di business, abbia sempre compreso l’importanza che noi diamo all’export e al commercio estero, noi abbiamo necessità di guardare a Est”. Da allora il ministro assume posizioni blande nei confronti delle interferenze e delle politiche cinesi: sempre nella visita a Shanghai nel novembre 2019 afferma di non volersi intromettere nelle questioni di politica interna tra Pechino e Hong Kong, culminate con dure repressioni della polizia cinese nei confronti dei manifestanti pro-democrazia dell’ex colonia inglese.
Al contrario, altri paesi UE e soprattutto gli USA hanno assunto una posizione più netta, criticando in particolare la violenza perpetrata dalla polizia verso gli attivisti. Inoltre, dopo che l’ambasciatore cinese in Italia definisce “un grave errore e un comportamento irresponsabile” la videoconferenza tenutasi al Senato il 28 novembre 2019 con Joshua Wong, leader delle proteste di Hong Kong, e organizzata dai principali gruppi del parlamento (ad esclusione del M5S), Di Maio difende sì la scelta dei colleghi di invitare l’attivista, ma con parole poco incisive e tardive, che sottolineano comunque gli splendidi rapporti tra i due paesi.
Francia e Germania
Al contrario, i toni verso Francia e Germania sono ben diversi in occasioni di scontro: Di Maio attiva infatti l’ambasciatore italiano in Francia dopo uno spot della tv Canal Plus del 3 marzo 2020, che mostra un pizzaiolo italiano che sputa su una pizza all’indomani dei primi casi autoctoni di coronavirus in Italia, quasi rischiando un incidente diplomatico; quando lo scorso 9 aprile il giornale tedesco “Die Welt” insulta il Bel Paese predicando il danno nel darci più fondi UE perché sarebbero inevitabilmente finiti nelle casse della mafia, il Ministro esige che la cancelliera Merkel prenda le distanze da questo grave smacco. Pur comprensibile la difesa verso questi ingiuriosi attacchi, in entrambi i casi si tratta di insulti perpetrati da media autonomi, che godono di libertà di stampa e in nessun modo collegati ai rispettivi governi, caso decisamente opposto alle interferenze dell’ambasciatore cinese.
Gli “aiuti” cinesi
Infine, i continui elogi e ringraziamenti per gli aiuti umanitari inviati dal gigante asiatico tramite post fu Facebook e dichiarazioni alla stampa: ad esclusione dell’arrivo di medici e infermieri della Croce Rossa cinese il 12 marzo, effettivamente a spese di Pechino, il resto non sono regali, ma acquisti del governo italiano, pagati con i soldi dei cittadini.
La rinascita di Di Battista

Hanno provocato dissapori anche all’interno del governo le parole dall’ex parlamentare pentastellato, che in una lunga lettera al Fatto Quotidiano afferma di guardare alla Cina come alleato per vincere la “III guerra mondiale” contro il coronavirus e critica le politiche UE, definite insufficienti e figlie delle manovre di austerity che hanno ‘dissanguato’ la Grecia durante la crisi dell’euro.
Mai come oggi è importante avere una precisa visione di politica estera: la ‘guerra fredda’ tra Cina e Usa, che si giocava precedentemente sui dazi, ha assunto caratteri sempre più rilevanti durante la pandemia. I due giganti tentano di accrescere le proprie sfere di influenza tramite aiuti sanitari ed economici e l’UE si trova nel mezzo, in un momento storico in cui la fiducia nell’Europa vacilla come mai prima: un recente sondaggio dell’istituto SWG di Trieste sottolinea infatti come la fiducia degli italiani nell’UE sia passata dal 42% del 2019 al 27% dei giorni della pandemia, mettendo a rischio anche il Patto Atlantico e le relazioni internazionali così come noi oggi le conosciamo.
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