Politica
I liberali in Italia e il destino del 2%
Il liberalismo è una delle più importanti dottrine politiche. Ma i liberali in Italia esistono?

“Le società non hanno valori. Le persone hanno valori”
Milton Friedman
Il liberalismo è una dottrina politica, economica e filosofica, una visione del mondo e della realtà il cui perno è la libertà dell’individuo, intesa come possibilità di realizzare la propria essenza di essere umano. Nato in Inghilterra da pensatori come Locke, ripreso poi dagli intellettuali illuministi, ha trovato fortuna nell’Ottocento, in particolare dopo la Rivoluzione francese, e ancora oggi costituisce uno dei massimi sistemi di pensiero a cui fare riferimento. In contrapposizione all’idea di stato etico hegeliano, secondo cui lo stato è una entità concreta e incarna la coscienza morale verso cui la volontà individuale deve tendere, liberale è colui che ritiene il singolo massima realtà possibile e che il compito del pensiero sia quello di emanciparlo da costrizioni, rendendolo artefice del proprio divenire e del proprio agire.
Questo paradigma culturale ha permesso la nascita della democrazia liberale e delle società aperte, inaugurando la modernità così come la conosciamo.
Il caso Italia
Nell’Italia moderna, la politica liberale non ha mai trovato un terreno fertile e la dicotomia tra destra e sinistra, seppur all’interno di una democrazia parlamentare liberale, ha contrapposto altre forme di pensiero: il conservatorismo e il socialismo.
L’età postunitaria
L’Italia unita nasce tuttavia su spinta liberale, in particolare grazie all’azione del Conte Cavour. Il liberalismo ottocentesco è caratterizzato dal principio di laicità dello stato, dall’adesione alla monarchia parlamentare e al suffragio ristretto. Le paure verso una democrazia universalistica si giustificano nel rischio di una oclocrazia, il governo tirannico del popolo che agisce su impulsi primitivistici: la visione è ancora elitaria e censitaria. In particolare, nell’Italia post-unitaria, si succedono la destra e la sinistra storica, sostanzialmente liberali, seppur pongano accenti diversi sul rapporto dialettico tra libertà e uguaglianza.
La crisi
All’inizio del Novecento, i liberali sono ancora al governo, grazie all’efficace azione mediatrice di Giolitti. È l’inizio del declino: nascono intanto i primi partiti di massa, come il PPI e il PSI, che hanno una solida base popolare, con strutture gerarchicamente organizzate sul territorio. I liberali non sono un partito organizzato, ma esistono sulla spinta di singole personalità: il sistema elettorale è fino al 1919 a collegio uninominale. Il ventennio fascista segna poi la definitiva sconfitta di qualunque velleità liberale, con l’instaurazione di un regime dittatoriale.
La prima Repubblica
Con la nascita della Repubblica la situazione non migliora: partiti liberali come il PLI e il Partito d’azione rappresentano una ristretta minoranza dell’elettorato, fatta più che altro di intellettuali ed esponenti dell’alta borghesia. La dialettica politica vede protagonisti il PCI e la DC, i cui fondamenti ideologici sono il marxismo da una parte e il cattolicesimo sociale della “rerum novarum” dall’altra.
Berlusconi
Con la genesi della II repubblica, per i liberali sembra arrivato il momento di svolta: Berlusconi, nel 1994, fonda Forza Italia e promette la prima rivoluzione liberale nel Bel Paese. Il leader ha un successo immediato e per più di vent’anni sarà capo indiscusso del “polo della libertà” contrapposto alla sinistra del “polo progressista”. Tuttavia, della rivoluzione c’è solo che la parola: le promesse di abbassare le tasse rimangono una litania ripetuta continuamente, senza risoluzione, e le riforme draconiane annunciate non vengono attuate. Il partito del Cavaliere si fonda più che altro su princìpi cattolici e sul conservatorismo: una politica certamente più di destra che autenticamente liberale.
Renzi
Una possibile svolta sembra avvenire nell’era renziana. Con l’arrivo del rottamatore al governo, la componente liberaldemocratica del PD ha finalmente modo di emergere, ma gli storici quadri del partito sono ancora fedeli all’idea di socialdemocrazia e bastano poco meno di due anni prima della disfatta, causata anche dal fuoco amico dei compagni di partito.
E adesso?
Ad oggi un polo liberale ancora non esiste, ma sempre più partiti cercano consensi al centro: Azione, Italia Viva e Più Europa potrebbero in futuro formare una coalizione moderata. Anche i resti di Forza Italia potrebbero farne parte, magari guidati da figure più progressiste come Carfagna e Bernini, sempre più ideologicamente lontane dalla destra a trazione sovranista: che sia l’inizio del tripolarismo?
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