Cultura
Rabarama: “Tutta la mia arte è impregnata delle mie esperienze personali”
Paola Epifani, in arte Rabarama, pittrice e scultrice è nata a Roma nel 1969. Vive e lavora a Padova. Figlia d’arte si laurea nel 1991 con il massimo dei voti all’Accademia di Belle Arti di Treviso e con le sue sculture inizia a raccogliere successi in numerosi concorsi nazionali e internazionali.

RABARAMA – FOTO DI HIKARI KESHO
Conosciuta per le sue opere con donne e uomini, figure ibride ricoperte di simboli, é arrivata ad esporre le sue opere nelle principali capitali mondiali tra cui Firenze, Parigi, Cannes, Miami e Shanghai. Il suo talento le ha permesso di sperimentare varie tecniche. Ha realizzato opere in terracotta, pezzi unici di marmo, bronzi classici, vetro e pietre rare, inclusioni in resina, monotipi in resina siliconica, preziosi gioielli d’artista, dipinti e serigrafie.
Attraverso la sua arte rappresenta dolori e gioie dell’essere umano, dalla schiavitù alla libertà, attraverso il codice genetico dei sogni. Attualmente collabora con importanti gallerie d’arte in tutto il mondo: Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra, Turchia, Svizzera e Stati Uniti.
Numerose e significative sono anche le acquisizioni delle sue opere di importanti istituzioni pubbliche e private come il Museo d’arte della Biennale di Pechino, lo Shanghai Sculpture Space e il Copelouzos Museum di Atene. Tre sue opere monumentali sono state acquistate dal Comune di Reggio Calabria ed esposte sul lungomare di Falcomatà. Abbiamo provato a viaggiare nel suo mondo attraverso questa intervista.
- Qual è stato il primo contatto che ha avuto con l’arte e che l’ha portata a fare questo lavoro?
I miei genitori mi hanno da subito avvicinata all’arte: mio padre è pittore, mentre mia madre ceramista, era impossibile per me non entrare in contatto con questo mondo. Tuttavia la passione per la scultura è nata autonomamente in me, una reazione naturale e spontanea, istintiva, che mi permette di comunicare con il mondo.
- Nella sua produzione artistica coesistono sia pittura che scultura: quando la seconda è diventata prevalente sulla prima e perché?
In realtà, nasco proprio come scultrice, infatti ho sentito da subito un forte legame con la materia. La pittura è giunta in seguito, ma complementare alla scultura: sulla tela posso trasporre il modello che attendo di vedere riprodotto in bronzo, ed ho la possibilità di studiarne i colori ed i dettagli.

- La sua arte è stata spesso definita “figurativa”. La scelta di realizzare sculture con corpi umani nasce da una sua personale e particolare esigenza artistica?
Assolutamente; tutta la mia ricerca si fonda sull’essere umano e sul senso dell’esistenza, quindi non potevo che fare riferimento al soggetto del mio studio. Trovo sia necessario partire dal visibile per poter poi esaminare ogni sfaccettature dell’esistenza, arrivando a toccare non solo le profondità dell’animo, ma anche i rapporti e le connessioni che si instaurano con ciò che ci circonda.
- I simboli, i disegni, i labirinti che ricoprono i corpi delle sue sculture cosa rappresentano?
Sono tutti simboli archetipi collegati a significati specifici, che aiutano la trasmissione del mio messaggio artistico. I nidi d’ape sono la rappresentazione grafica delle cellule, i labirinti vogliono indicare un percorso verso la libertà dalla predeterminazione e verso l’auto consapevolezza; inserisco inoltre simboli derivanti da antiche filosofie, come gli I-Ching e le Rune, proprio perché ognuno di essi ha un significato intrinseco che nell’insieme aiuta la comprensione del messaggio che intendo comunicare grazie alle mie opere.
- C’è qualcosa che la ispira maggiormente per la creazione di un’opera magari anche tra le altre arti (musica, cinema, ecc.)?
La mia principale fonte di ispirazione è il mio vissuto, quello che sento e di cui ho esperienza; viene da sé che una particolare melodia o una lettura, piuttosto che un film possano venire da me interiorizzati e rielaborati all’interno della mia arte.
- Quanto e come crede che la sua vita e le sue esperienze personali influenzino la sua arte?

Tutta la mia arte è impregnata delle mie esperienze personali, che cerco poi di rendere universali, perseguendo una ricerca votata alla scoperta del senso dell’esistenza.
- Spesso gli artisti in generale utilizzano la loro arte per sfuggire da quel mondo in cui si trovano a dover vivere in cui non si riconoscono. È anche per lei la sua arte che rifugio?
Assolutamente sì. Grazie alla mia arte ho modo di rielaborare le mie personali esperienze, i miei pensieri e le mie emozioni. Dico spesso che per fare arte è necessario calarsi nel proprio buio interiore, per poter poi riemergere alla luce grazie alla creatività e tradurre tutto ciò in nuove opere. Fare scultura è per me una catarsi, oltre che un rifugio, dove posso trasporre in materia le mie riflessioni per poterne prendere coscienza.
- Come si è sentita la prima volta in cui una sua opera è diventata “opera monumentale” ed è andata ad abitare una delle tante piazze in giro per il mondo?
Ricordo una grandissima emozione, scaturita soprattutto dall’impatto che l’opera ha sull’ambiente circostante. Se prima le mie creature si relazionavano con un contesto spesso raccolto, le opere monumentali entrano in contatto con varie realtà, con paesaggi naturali oppure con architetture importanti. Vedere come queste entrano in sinergia è davvero suggestivo, e permettono anche al fruitore di vivere l’arte in modo diverso, in quanto entra nella vita di tutti i giorni.
- Per fare un parallelismo con la musica, i cantautori dicono che quando scrivono una canzone e la fanno uscire, da quel momento lì non è più loro ma di chi la ascolta. Lei pensa che avvenga lo stesso anche con le sue opere?
Credo sia necessario imparare a distaccarsi dal proprio lavoro per poter proseguire la ricerca ed andare avanti; si tratta di una normale conseguenza, è il passaggio dal passato al presente, dove il primo verrà sicuramente ricordato grazie agli arricchimenti in termini di esperienza e consapevolezza che ci ha donato. Per poter però guardare al futuro e continuare a crescere è necessario allontanarsi, permettendo altresì alle opere di proseguire il dialogo con le persone che ne fruiscono, trasmettendo quella consapevolezza raggiunta al termine dell’atto creativo.
- Secondo lei la potenza dell’arte come continuerà a renderci sempre persone migliori?

Dandoci la possibilità di riflettere, per poter raggiungere una consapevolezza tale da permetterci di migliorarci e crescere. Siamo spesso legati a situazioni passate, alla routine ed a preconcetti che ci costringono a ripetere le nostre azioni talvolta dannose; dobbiamo invece uscire da questi meccanismi, creati con l’illusione di proteggerci da paure insite in noi, per poter raggiungere la consapevolezza di sé e della propria forza.
Credo che il ruolo dell’arte sia proprio farci mettere in discussione queste illusorie certezze, ripercorrendo innanzitutto il nostro passato per comprenderlo, e trovare in esso spunti utili a tracciare un nuovo sentiero per costruire una maggiore cognizione del nostro essere interiore, diventando persone nuove, più sicure e positive.
Tutte le immagini utilizzate sono state autorizzate per la pubblicazione solo ed unicamente inerente alla presente intervista.
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