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Luka Modrić: la difficile infanzia del Pallone D’Oro croato

Un top player sul campo da calcio, un campione di umiltà e di vita fuori. Questa è la storia di Luka Modrić, capitano della nazionale croata, centrocampista del Real Madrid e vincitore del Pallone D’Oro nel 2018

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Chiunque abbia visto almeno una partita dei merengues dal 2012 a questa parte non può aver fatto altro che restare ammaliato dalle giocate  dell’uomo dai capelli piuttosto lunghi, spesso fermati con un elastico, che veste la camiseta blanca numero 10. 

Quel giocatore risponde al nome di Luka Modrić e l’arte che disegna con i piedi è frutto di un percorso familiare e sociale complesso e doloroso. 

L’infanzia difficile 

Luka nasce a Zara il 9 settembre 1985, in una Croazia che di lì a poco sarebbe piombata in una sanguinosa guerra civile indipendentista.

La madre Radojka era operaia in una industria tessile mentre il padre Stipe lavorava come meccanico dell’esercito croato. Luka trascorreva gran parte del suo tempo in compagnia del nonno, un pastore solitario che crebbe il nipote con amore e devozione. 

I dolori per la famiglia Modrić iniziano una grigia mattinata d’inverno quando Luka senior, il nonno, viene ucciso a fucilate dai serbi mentre allevava il suo bestiame davanti agli occhi di suo nipote.

Questo evento segna l’inizio della loro vita da rifugiati.

Luka, genitori e fratelli sono costretti a scappare per salvarsi la vita e, data la loro condizione economica, le cose da portare via sono ben poche. 

Il piccolo, all’epoca di 6 anni, prende un solo oggetto da conservare nella sua vita futura: un pallone, regalatogli proprio dal tanto amato nonno. 

Quel dono apparentemente semplice si rileva essere una vera e propria ancora di salvezza. 

I Modrić vengono ospitato all’hotel Kolovare di Zara, insieme ad altri fuggitivi. 

Qui Luka non ha amici con cui giocare, trascorre le giornate da solo calciando il pallone contro il muro, per sfogare il dolore e la rabbia che covava dentro. 

“Rompeva più finestre lui con un pallone che i serbi con le loro bombe”

Venne etichettato come ragazzino introverso, iperattivo e difficile da gestire, ma Luka aveva solo bisogno di comprensione. 

Il rumore della palla contro i muro non faceva altro che replicare il frastuono continuo e assordante delle bombe che cadevano incessantemente dal cielo croato.

Il calcio iniziò così a riempire le sue giornate, ad essere il fulcro della sua quotidianità, tanto che ogni sera il pallone, suo oggetto più prezioso, passava le notti nel letto di Luka.

I primi contatti con i club 

Il futuro campione, crescendo, inizia a giocare con i pochi giovani rimasti nella cittadina distrutta della guerra.

Sfida ragazzi molto più grandi di lui e inizia pian piano a mostrare il suo talento.

 “Lui prendeva il pallone e faceva giocate che non riuscivano a tanti ragazzi di vent’anni. Solo che lui ne aveva 7 o 8…”

Il giovane talentoso sognava di giocare nell’Hajduk Spalato ma viene subito bocciato durante un provino per la sua fisicità troppo minuta e gracile. 

Le abilità del ragazzo vengono finalmente notate dal mister della NK Zarad che gli offre un posto nelle loro giovanili. 

I primi parastinchi di Luka erano interamente in legno, intagliati direttamente da suo padre.

Il rapporto con il suo allenatore, il primo a credere in lui, rimarrà profondo per molti anni tanto che nel 2014, dopo la vittoria della Champions League, Modrić dedica proprio a lui quell’incredibile risultato. 

“Se non fosse stato per lui, oggi non sarei qui”

La carriera europea

Nel 2001 viene comprato dalla Dinamo Zagabria ed è il primo passo del croato nel mondo dei campioni. 

Tra un prestito e l’altro, il nome Luka Modrić inizia a essere sulla bocca di tutti, il talento di Zara stupisce con le sue doti da regista, i suoi tocchi verticali a servire i compagni e la sua brillante visione di gioco, tanto da essere definito il “Johan Cruijff croato”. 

In 4 stagioni segna 31 gol divenendo, al pari di Mario Mandzukic, il miglior marcatore della storia della Dinamo, da centrocampista. 

Nel 2008 passa al Tottenham per 21 milioni di euro, all’epoca il loro acquisto più caro. Conduce gli inglesi ai quarti di finale di Champions League, risultato storico, dove vennero eliminati dal Real Madrid.

È proprio quest’ultima la squadra che si aggiudica il regista croato nel 2012.

Nella capitale spagnola il suo talento viene consacrato: con mister Ancelotti diviene titolare inamovibile vincendo un titolo dopo l’altro.

La stagione da ricordare 

L’annata 2017-2018, la prima giocata con la maglia numero 10, gli consegna le chiavi per l’Olimpo della storia del calcio: conduce i blancos all’ennesima vittoria della Champions League battendo in finale il Liverpool e diventa leggenda permettendo alla sua Croazia di arrivare in finale ai Mondiali di Russia. 

Date le sue memorabili prestazioni viene premiato con tutti i più alti riconoscimenti: “Miglior calciatore dell’anno” per la UEFA, “Best FIFA Men’s Player” e per concludere spezza incredibilmente il dualismo Messi-Ronaldo vincendo il Pallore D’Oro, aspirazione massima per qualsiasi essere umano che si approcci al calcio. Il primo giocatore croato a riuscire in tale impresa. 

Campione di umiltà 

Nel suo discorso dopo l’assegnazione del Pallone D’Oro, visibilmente emozionato, dirà:

“Stasera c’è stata la vittoria del calcio e sono contento di essere io il vincitore. Ma questo premio è anche per tutti quei calciatori che avrebbero meritato di vincerlo e non ce l’hanno fatta. E’ bello saper di aver vinto questo trofeo senza che qualcuno ti abbia regalato qualcosa, il mio è stato un percorso lungo e duro, ma è proprio questo che mi rende felice.”

Luka Modrić, più degli altri, conosce il vero significato di termini come sacrificio, dolore e duro lavoro, la vita lo ha messo davanti a numerosi ostacoli che ha sempre affrontato con i mezzi a sua disposizione. 

Mai una parola fuori posto, mai un atteggiamento aggressivo.

I rumori assordanti delle granate con cui era abituato a convivere sono oggi mutati in scroscianti applausi che il suo pubblico gli regala.

Che tu sia d’esempio, Luka.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Ciao! Sono Giulia, ho 22 anni e vivo a Modena. Ho iniziato a scrivere per alcune testate giornalistiche di sport, mia grande passione, cercando di analizzarlo da un punto di vista sociale e politico. Mi sono sentita dire migliaia di volte che le donne nel mondo dello sport hanno semplicemente una funzione di "accalappia-ascolti". Vivo nell’utopia, che spero non rimanga tale, di rendere protagonista il contenuto di ciò che dico, non l’involucro.

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