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La dieta di Boris Johnson e del Regno Unito
Boris Johnson si mette a dieta e con lui il Regno Unito: una battaglia che tutti i governi dovrebbero fare.
Boris Johnson ha deciso di mettersi a dieta, ma non da solo. Con lui l’intero Regno Unito, tramite la decisione di avviare un programma di sensibilizzazione riguardo l’importanza dello sport e di una corretta alimentazione. In particolare, il governo ha deciso di bandire le pubblicità in tv e su internet di junk food fino alle 21 e di vietare offerte per i cibi spazzatura nei supermercati. Inoltre, i medici saranno incoraggiati a prescrivere sport ai propri pazienti ed è già allo studio un’app di consigli alimentari, gestita dal NHS.
Le critiche
Tuttavia, alcune associazioni contro l’obesità hanno già protestato: le misure adottate sembrano essere in contraddizione con l’offerta annunciata da Sunak. Il Cancelliere dello Scacchiere ha reso noto che lo Stato pagherà il 50% del conto del ristorante per tutti gli inglesi fino ad agosto, per un massimo di 10 sterline. Il provvedimento, che ha lo scopo di aiutare un settore in pesante crisi a causa del covid, porterà molte più persone a mangiare cibo economico e non salutare, secondo i detrattori.
In difesa delle patatine fritte

La decisione, presa all’indomani della sua guarigione dal coronavirus, sembra inoltre essere in contrasto con le velleità liberal che hanno sempre caratterizzato il N10 di Downing Street. Negli anni 90, come corrispondente del Daily Telegraph, lanciava anatemi contro l’Ue che avrebbe voluto vietare “le nostre patatine al gusto di cocktail di gambero”: si sa, uno dei cardini del più vero mos inglese.
Ma la mistica conversione avviene dopo uno studio che mette in stretta relazione obesità e complicanze da coronavirus. Un modo anche per preparare la popolazione ad una eventuale seconda ondata.
Junk Food
Il premier era tuttavia già famoso per una dieta non proprio healty: un articolo su Vices descrive la dieta tipica di Johnson tramite l’esperienza della giornalista che l’ha provata per una settimana. Torte di compleanno per colazione e litri di diet Coke ogni giorno: non certamente un toccasana per la salute.
Il problema dell’obesità

Tuttavia, il leader dei conservatori tocca un punto centrale, spesso ignorato dai governi dei Paesi più sviluppati: l’obesità non è un problema solo personale ed estetico, ma pubblico ed economico.
Il caso Italia
Secondo uno studio Ocse del 2019, l’obesità costituisce il 9% della spesa sanitaria italiana e una riduzione del Pil del 2,8%: una ‘tassa’ di 289 euro l’anno. A ciò va aggiunta una riduzione di 2,7 anni di vita media della popolazione, una produzione inferiore e 571 mila lavoratori a tempo pieno in meno.
Il Regno Unito
In Inghilterra la situazione è ancora peggiore. Secondo l’OMS, nel 2014 gli obesi erano il 28,1% e le persone in sovrappeso costituivano il 62% degli adulti. Stime in peggioramento negli ultimi 20 anni e che non si apprestano a migliorare. Per il PHE, un intervento di diminuzione delle calorie negli alimenti destinati alle famiglie porterebbe a ridurre di 35.000 unità il numero di morti per problemi legati al sovrappeso nell’arco di 5 anni, oltre che far risparmiare 9 miliardi di sterline al NHS nell’arco di 25 anni.
Una battaglia necessaria
I governi dei Paesi più ricchi dovrebbero perciò mettere tra le priorità una seria lotta alla malnutrizione, a partire dalla prima infanzia: i bambini obesi e in sovrappeso sono già aumentati di 11 volte in 40 anni. Questo porterebbe benefici enormi, a livello sanitario, economico e sociale: è a rischio il futuro di milioni di bambini e adulti.
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