Mondo
Scontri culturali e bandiere arcobaleno: ecco cosa sta succedendo in Polonia
Dopo un’accesa campagna elettorale contro i diritti della comunità LGBT, Duda è salito nuovamente al potere, tra le proteste dell’opposizione, riaccendendo un ennesimo scontro culturale sul territorio polacco.

Giovedì il presidente della Polonia Andrzej Duda ha prestato giuramento per il suo secondo mandato davanti all’aula del Parlamento. Ma non è tanto la notizia della sua rielezione che ha fatto il giro del mondo, quanto ciò che il presidente Duda si è trovato davanti agli occhi.
Infatti di fronte a Duda i parlamentari dell’opposizione si sono presentati vestiti con colori vivaci, creando un arcobaleno all’interno dell’aula. Oltre ai vestiti hanno indossato anche mascherine arcobaleno, e quando Duda ha cominciato il suo discorso, in segno di protesta hanno sollevato tutti insieme delle copie della Costituzione.

La bandiera arcobaleno, diventata celebre nel mondo come simbolo di solidarietà per gli attivisti dei diritti gay fin dall’inizio degli anni ’70, è ormai in Polonia un simbolo chiave nella guerra culturale che travolge il paese dalla caduta del Partito Comunista nel 1989.
Per questo non deve sorprenderci l’uso di questi colori nelle proteste degli scorsi giorni, nelle quali alcuni attivisti hanno posizionato bandiere arcobaleno sui principali monumenti delle città polacche. L’arresto di tre di loro ha poi intensificato le tensioni tra opposizione e governo, con quest’ultimo che da giorni chiede alla polizia di trovare e punire gli autori delle rappresaglie.
Negli scorsi giorni era poi arrivata la decisione dell’Unione Europea di trattenere i finanziamenti economici per sei città polacche che si erano dichiarate “libere da LGBT”. Questo provvedimento è stato accolto con grande sorpresa dato che raramente l’UE ha messo in atto una punizione finanziaria di questo tipo. Sebbene le somme di denaro trattenute siano modeste (da 5000 € a 25000 €) l’esclusione dal finanziamento ha più una risonanza simbolica.
La decisione sorprende anche perché arriva dopo che i leader dell’UE si erano piegati al volere di Polonia e Ungheria nello scorso Consiglio Europeo, evitando di legare l’erogazione del Recovery Fund alle questioni relative allo stato di diritto nei diversi paesi.
Il ministro della giustizia polacco, Zbigniew Ziobro, ha affermato mercoledì che la decisione di revocare il finanziamento è “infondata e illegale”, sostenendo che le istituzioni europee dovrebbero rispettare le identità nazionali di tutti i paesi membri. Ziobro ha poi denunciato la Commissione Europea, accusando alcuni suoi membri di voler imporre l’agenda degli attivisti omosessuali agli altri paesi.
Non ha tardato dunque ad arrivare la risposta di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. “I nostri trattati garantiscono che ogni persona in Europa sia libera di essere ciò che vuole, di vivere dove vuole, di amare chi vuole e di puntare in alto quanto vuole. Continuerò a spingere per un’unione di uguaglianza”.

Davanti a tutto questo i rappresentanti dell’opposizione hanno cominciato ad alzare i toni, aumentando le proteste e le dimostrazioni a favore dei diritti LGBT. E in tutto questo ha iniziato a giocare un ruolo chiave proprio la bandiera arcobaleno, rappresentante non solo della solidarietà per i diritti degli omosessuali, ma anche del rifiuto della campagna xenofoba di odio e intolleranza guidata dal governo. La bandiera è diventata l’arma preferita dei manifestanti.
Gli attivisti hanno quindi pubblicato sui social media foto che mostrano bandiere arcobaleno appese ai più importanti monumenti di Varsavia, con mascherine rosa sui volti di alcune statue. I monumenti includevano la Sirena di Varsavia, un simbolo della capitale della Polonia, una statua del famoso astronomo Niccolò Copernico, un monumento a Jozef Pilsudski, padre dell’indipendenza polacca dopo la prima guerra mondiale, e una statua di Gesù Cristo davanti alla Basilica di Santa Croce.

Sebastian Kaleta, viceministro della giustizia polacco, ha dichiarato il 29 luglio che questi atti dovrebbero essere affrontati con ferma risoluzione da parte dello stato, citando poi una legge polacca contro l’offesa alle credenze religiose e l’insulto ai monumenti nazionali. Il crimine comporta una possibile condanna a due anni di carcere.
“I manifestanti devono capire che ci sono alcuni limiti che non possono essere superati. In Polonia non commetteremo gli errori dell’Occidente. Tutti possiamo vedere a cosa porta la tolleranza assoluta nei confronti delle barbarie pseudo-intellettuali”. Ha dichiarato Kaleta.
A scaldare i toni è arrivata anche la dichiarazione di Robert Winnicki, leader del movimento ultraconservatore, che ha paragonato il movimento LGBT alle ideologie naziste e comuniste, commentando così gli ultimi avvenimenti: “Ogni piaga passa ad un certo punto. È passata la piaga tedesca, che ha consumato la Polonia per sei anni, è passata la piaga rossa, e passerà anche la piaga arcobaleno”.
I tre attivisti arrestati sono poi stati rilasciati, dato che il crimine di cui sono accusati è un reato minore. Ma Justyna Nakielska, leader dei manifestanti, avverte di non abbassare la guardia. “Percepiamo i seguenti arresti come un tentativo di intimidazione, un messaggio chiaro per la comunità LGBT”.
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