Politica
La quiete prima della tempesta
Chi vince? Chi perde? Cade o non cade? Nel frattempo, a dilagare è il nervosismo.

Le elezioni regionali 2020 sono sempre più vicine e con esse l’interesse per le eventuali ripercussioni che potrebbero scuotere il Governo Conte II. In attesa di conoscere chi vincerà la sfida alle urne il 20 e 21 settembre, le forze in campo lavorano senza sosta per cercare di convincere più elettori possibili a recarsi al seggio.
Tra comizi e post sui social, le campagne elettorali vanno avanti a pieno ritmo, accrescendo sempre di più le preoccupazioni di chi tema una sonora sconfitta. Storicamente, da quando il leader Maximo (Massimo D’Alema) si dimise nel 2000 diventando il primo capo del governo italiano a lasciare Palazzo Chigi per via di una sconfitta locale, le elezioni regionali sono diventate una maledizione per qualsiasi esecutivo.

Quindi, la domanda sorge spontanea: il governo Conte sta per consegnarsi allo stesso destino? Le regionali sono davvero come i fili dell’alta tensione?
Nelle varie Regioni in cui si va al voto – sondaggi e analisi tecniche pubblicate sui quotidiani ci lasciano perennemente col fiato sul collo – le campagne dei singoli candidati si stanno focalizzando sempre di più sulla massiccia presenza di leader nazionali fondamentali per la sensibilizzazione al voto.
Giorgia Meloni sta girando l’Italia, come sta facendo il segretario della Lega e tutta la compagine del centrodestra. Il M5S sta mobilitando ministri e parlamentari sia in supporto agli aspiranti governatori (corrono in solitaria in tutte le Regioni tranne che in Liguria) sia in sostegno alla battaglia referendaria per il taglio dei parlamentari. Sul fronte del centrosinistra, il PD cerca in tutti i modi di accreditarsi come unica forza d’alternativa all’asse Lega-Fdi, giocandosi dove possibile le carte dell’unico voto utile o del voto disgiunto (Marche e Puglia).
Italia Viva, spaventata enormemente dai pessimi numeri indicati dai sondaggi e dalle terribili voci che parlano di una sconfitta anche nella rossa Toscana, segue le indicazioni di Matteo Renzi augurandosi possa aprirsi – in seguito al voto – quello spazio tanto auspicato in cui provare a far nascere il campo riformista. Il nervosismo regna e sovrasta le menti e i pensieri sia delle forze che compongono il Governo, sia di quelle che (forse) non vedrebbero l’ora di farlo cadere.
C’è nervosismo nel Pd, con il segretario Nicola Zingaretti che teme pesanti ripercussioni sulla sua segreteria e di conseguenza sulla tenuta della Regione che amministra. C’è nervosismo nella Lega, con Salvini molto attento a non ricadere nell’errore fatto contro Bonaccini, evitando che queste elezioni non prendano valore nazionale (posizione che gioverebbe al PD) ma restino entro i confini di ogni singola Regione.
C’è nervosismo in Fratelli D’Italia, ansiosi di voler poggiare la corona d’alloro sulle teste dei propri uomini (in Puglia e nelle Marche) e sulla bionda chioma di Giorgia Meloni, determinata a soffiare la leadership del centrodestra all’uomo forte leghista.
C’è nervosismo nel M5S, con i gruppi parlamentari in rivolta che attendono gli Stati Generali e che si inventano trappole per mettere in difficoltà il loro Governo e il Presidente Conte. E’ nervoso Conte, silente per lungo tempo ma da giorni tornato a rimarcare la sua presenza istituzionale negando a più riprese quel mostro famelico comunemente conosciuto come rimpasto.
Come finirà? Lo vedremo solo vivendo.
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