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Cultura

Il Controcampo: La cinematografia tradizionale e i suoi limiti pt. 2

In questo secondo appuntamento per imparare la cinematografia su La Politica del Popolo, ecco un’aggiunta di concetti, alcuni più intuitivi di altri, che potrebbero portarvi ad un’attenzione ancora maggiore su quali tecniche vengono usate nei vostri film preferiti.

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Nello scorso articolo, ho indicato quali sono alcune delle infinite scelte stilistiche che un regista ed un direttore di fotografia devono tenere in considerazione mentre girano un film. In questo secondo appuntamento per imparare la cinematografia su La Politica del Popolo, ecco un’aggiunta di concetti, alcuni più intuitivi di altri, che potrebbero portarvi ad un’attenzione ancora maggiore su quali tecniche vengono usate nei vostri film preferiti.

La successione delle inquadrature

Questo è una regola abbastanza generale, che è sicuramente molto intuitiva ma che non può essere trascurata quando si parla di cinematografia. Sia nell’ordine in cui una scena viene filmata, che molto spesso nel modo in cui viene montata, si tende sempre a mostrare inquadrature più ampie all’inizio. Prima di tutto, un’inquadratura ampia di una casa o di una città ci suggerisce dove ci troviamo. Successivamente, un’inquadratura che riprende tutta la stanza permette di descrivere lo spazio e i personaggi (che, come abbiamo visto nell’articolo precedente, è un’operazione molto delicata!) e crea un punto di partenza per la progressione della nostra scena.

Ogni scena generalmente può essere considerata, almeno nel cinema tradizionale, come un piccolo film in sé, in cui si introducono i personaggi (oppure li conosciamo già), c’è un conflitto, i personaggi si alterano, c’è un climax e le loro relazioni si infittiscono in qualche modo, e poi la scena finisce. Questo effetto si può rendere molto bene con una successione di inquadrature prima con un campo più ampio, e poi via via restringendo fino ad arrivare ad un livello più intimo.

Una “establishing shot”

Un esempio di questa teoria può essere trovato in questa scena da The Imitation Game (Tyldum, 2014), in cui il vero climax non è quello iniziale in cui un collega di Alan prova a rompere la sua macchina, bensì quello successivo, in cui Peter gli spiega a parole che il loro tempo sta scandendo. Oppure in questa scena di Split (Shyamalan 2017), in cui è molto interessante il fatto che, nonostante conosciamo già l’attore, siccome sta interpretando un nuovo personaggio viene introdotto di nuovo anche visivamente.

L’avanzamento di inquadrature è un modo semplice ed efficace per mostrare il climax di una scena. Come sempre, mi piace anche notare delle eccezioni. Per esempio, in questa scena di Whiplash (Chazelle 2014), il film è così carico emotivamente che, per descrivere la calma del maestro e l’esasperazione di Andrew, sono inquadrati in modo diverso. Andrew parte direttamente da inquadrature strettissime, così come il suo climax parte immediatamente nella scena.

I movimenti di macchina

Molto spesso, la macchina da presa tende a indicarci cosa sta pensando il protagonista della nostra scena. Più l’inquadratura è stabile (per esempio su un treppiedi o su un carrello), più un’emozione è definita, mentre una telecamera a spalla può suggerirci un senso di spossatezza, confusione. La mdp può trovarsi su di un carrello, che rende la scena emotivamente carica grazie alla possibilità di avvicinarsi ad un personaggio, magari durante una confessione o un momento di racconto.

Può anche rappresentare punti di vista di personaggi, come per esempio nelle panoramiche di questa scena di Grand Budapest Hotel (Anderson, 2014), oppure rappresentare un narratore onniscente come in questa di Giovane e Innocente (Hitchcock, 1937), in cui la macchina da presa situata su di una gru rivela (solo allo spettatore!) un tick nervoso in un musicista in blackface (abbastanza cringe da vedere nel 2020). Un esempio invece di videocamera “shaky” può essere trovato in questa scena de Il Laureato (Nichols, 1968), sulla cui cinematografia ho già fatto un analisi e che riproporrò presto anche qui.

Un uso interessante si trova in questa scena tratta da Il Cavaliere Oscuro (Nolan, 2008), in cui la mdp riesce sia ad impersonare sia la folla che guarda, sia il personaggio che si sente osservato, in questo momento rotatorio senza fine che dà quasi il mal di mare.

Posizione, Intensità e Angolazione della Luce

Questo punto è forse un po’ meno interessante degli altri, ma è sicuramente utile da sapere. Mentre si illumina un personaggio, vi sono alcune posizioni fondamentali in cui posizionare la luce. In linea di massima, c’è sempre una luce principale (“key”), una luce diffusa posizionata dall’altra parte della videocamera (“fill”), e una controluce sul retro (“backlight”). Inoltre vi possono essere delle luci dietro per illuminare l’ambiente che rischia altrimenti di rimanere buio, oppure piccolissime luci sopra la videocamera per far brillare gli occhi.

In base all’intensità di queste luci – soprattutto della luce diffusa – riusciamo a dare un tono diverso al nostro film.

Una commedia ovviamente avrà un’illuminazione molto più easy e con meno contrasti. Inoltre, la luce principale può essere frontale, a tre quarti (mostrando quindi un “triangolo di Rembrandt” sulla guancia del personaggio), oppure laterale. Tutti questi elementi si possono scambiare per ottenere un determinato effetto.

Ovviamente, uno dei sovrani indiscussi dell’illuminazione è il genere dell’horror e tutto ciò che ha a che fare con il sovrannaturale. So che è un enorme spoiler, ma questa scena da Sh! The Octopus (McGann, 1937) è un esempio di trasformazione che avviene solo con la luce che lascia davvero senza fiato. Inoltre trovo sempre divertente come posizionare una luce sull’asse centrale rispetto al personaggio vada bene sia per le dive della Hollywood classica che per gli horror.

Obiettivi

Ultima, ma non decisamente per importanza, è la scelta degli obiettivi. Gli obiettivi hanno diverse lunghezze, ma possono generalmente essere divisi in quattro tipi: obiettivi cortofocali o grandangoli (in genere al di sotto dei 50mm di lunghezza, fra cui rientrano i cosiddetti fish-eye); obiettivi normali (lunghezza focale di 50 mm); obiettivi lungofocali o teleobiettivi (lunghezza focale superiore a 50mm) e obiettivi zoom, che possono spostarsi da un tipo all’altro. Queste lunghezze focali determinano l’angolatura visibile, la distanza che bisogna prendere dall’obiettivo che si riprende, la quantità di materiale che uscirà a fuoco, eccetera. Un obiettivo più corto riuscirà a riprendere un soggetto vicino, e in alcuni casi anche a distorcerlo, mentre un obiettivo lungo tenderà ad appiattire le distanze su un unico piano, e a vedere tutto a fuoco.

Ecco qualche esempio di usi creativi che si possono ottenere con degli obiettivi corto o lungofocali. Questi sono due esempi di un campo lungo, ma con due lenti completamente diverse. Ne La Favorita (Lanthimos, 2018) l’uso della lente fish-eye è utilizzato per esprimere l’idea della segretezza degli intrighi a corte, quasi come se spiassimo attraverso un buco della serratura. Invece in Lawrence d’Arabia (Jarre, 1962) sembra che il personaggio si muova, ma non stia andando da nessuna parte. Questo effetto è ottenuto grazie ad una lente lungofocale, che collassa le distanze percorse dal personaggio.

Detto ciò, spero che questa serie di due articoli vi sia piaciuta, e spero di essere stata esaustiva. Se avete apprezzato questa serie, vi invito a contattarmi e a seguire quello che scrivo, e sarei lieta di scrivere altri articoli sulla cinematografia o su altri ambiti.

Vi lascerò quindi con un geniale video tratto da Monty Python e il Sacro Graal (Gilliam, Jones, 1975), che gioca con l’uso della lente lungofocale per raggiungere un effetto veramente esilarante.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Margaret Duggan, studentessa italoamericana classe '96, proveniente da Lecce. Laureata in Cinema e Televisione alla California State University Northridge a Los Angeles e studentessa magistrale di Cinema, Televisione e Produzione Multimediale a Bologna, ho lavorato a produzioni cinematografiche sia studentesche che professionali. Nel tempo libero mi piace andare in campeggio, nuotare, leggere, e ovviamente guardare film! Con la mia rubrica "Il Controcampo" vorrei mostrare ai miei lettori i lati meno conosciuti dell'industria del cinema. Insieme possiamo proiettarci nei teatri di posa, negli uffici di produzione, nei camerini degli attori, ed esplorare tutte le stanze della "fabbrica dei sogni"!

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