Politica
Simone Alliva su ddl Zan: “Non ci sono argomenti contro questa legge”
Simone Alliva, scrittore e giornalista per l’Espresso ed Esquire, fa un quadro dei diritti lgbtq in Italia dopo il suo libro- inchiesta “Caccia all’omo”.

Dopo la presentazione del suo libro “Caccia all’omo”, pubblicato per Fandango a giugno, Simone Alliva ha percorso tutta l’Italia per raccontare la sua inchiesta sull’omolesbobitransfobia in Italia. Con il lockdown parziale questi eventi si sono spostati sulla rete, permettendo una possibilità maggiore per tutti di fruirne. L’ho raggiunto dopo l’appuntamento con Cedac Sardegna, per la rassegna “Legge_ezza”, incontri con gli autori su “Discriminazioni di genere, violenza e bullismo”.
Se per Lesbica Moderna Simone Alliva ci ha raccontato la genesi del suo libro e le problematiche che sono emerse dalle storie raccontate (transfobia, frammentazione della comunità arcobaleno, covid e omosessualità), in questa intervista invece abbiamo scelto di soffermarci su un tema protagonista della scena politica nostrana: il ddl Zan, la legge contro l’omolesbobitransfobia, la misoginia e l’abilismo, che ha concluso il suo iter alla Camera il 4 Novembre.
- Com’è nata la tua inchiesta iniziale, quella pubblicata sull’Espresso a febbraio 2019, di cui “Caccia all’omo” è il prolungamento?
Era un periodo un po’ particolare, in cui c’era il governo giallo verde; le prime dichiarazioni dei ministri, soprattutto di quello alla famiglia, erano contro le famiglie arcobaleno. Era un periodo molto strano e anche violento, nel senso che comunque ricordiamo che quando c’erano le manifestazioni c’era sempre la polizia che strappava gli striscioni. L’Espresso che ha sempre fatto un giornalismo di denuncia, aveva pensato di fare un’inchiesta, dopo quella contro il razzismo, anche sulle questioni lgbt.
Ma era nata per caso. Nel senso che durante la riunione di redazione la mia caposervizio mi ha chiesto di raccogliere un po’ i dati per capire quale fosse la situazione delle persone lgbtq aggredite in Italia negli ultimi mesi. Dovevano essere soltanto i dati, però ci siamo resi conto che le aggressioni erano tante, più degli altri anni. Da lì poi l’idea di fare un racconto dell’anno.
- In quel caso vi siete rivolti alle associazioni?
No, è stato un lavoro che ho fatto io di ricerca. Da sempre, tutte le volte che, leggendo i giornali, trovavo un trafiletto del tipo “aggredito a Pescara”, oppure “vicini cacciati di casa”, lo prendevo e mettevo da parte. Raccogliendoli mi sono fatto io il mio database di aggressioni, poi naturalmente l’ho confrontato con quello delle associazioni, perché comunque le aggressioni omotransfobiche che si verificano in Italia non le raccoglie nessuno, non ci sono dei dati; ci sono solo quelli che denunciano alla stampa o che emergono attraverso le denunce e poi finiscono sui giornali. È stato un lavoro di archivio e ricerca personale.
- Il tema della denuncia mi fa venire in mente quando durante la discussione alla Camera sul ddl Zan, la Lega e Fratelli d’Italia dicevano “non c’è un’emergenza omolesbobitransfobia, siete voi che lo state dicendo perché i casi di denuncia sono pochissimi”. Questa è un’arma a doppio taglio perché non si denuncia per paura, per non fare coming out, però allo stesso tempo, la mancanza di denunce impedisce un’azione concreta da parte dello Stato.
Sì, è così. I numeri bassi che citava l’opposizione erano quelli dell’OSCAD, che è un istituto che raccoglie i dati delle aggressioni e delle violenze che non hanno copertura normativa, in questo caso l’omotransfobia. Però non sempre quando tu vai a denunciare alle forze dell’ordine, e ribadisco quando perché come hai detto tu, spesso non si va a denunciare per diversi motivi, perché si ha paura, perché non si ha fiducia nelle forze dell’ordine, perché non si vuole fare coming out, non si vuole rendersi visibili.
Per quanto riguarda i dati spesso queste denunce per omotransfobia che vengono fatte alle forze dell’ordine, le forze dell’ordine non hanno gli strumenti per comprendere che è un’aggressione omotransfobica, non sempre lo fanno e non sempre trasmettono quindi la denuncia all’OSCAD che dovrebbe raccogliere i dati, quindi c’è un qualcosa che si inceppa nel meccanismo e non riusciamo ad avere una mappatura seria e completa di quello che succede in Italia per quanto riguarda le aggressioni.
- Secondo te il ddl Zan riuscirebbe a coprire anche queste lacune del sistema?
Sì, perché è prevista anche una raccolta dati dell’Istat con un coordinamento con l’OSCAD. Quindi si farà questa raccolta dati e questa formazione anche delle forze dell’ordine su come riconoscere un’aggressione omotransfobica, come reagire, come accogliere la vittima. Quindi sì, se dovesse passare questa legge, perché siamo ancora all’inizio. È passato solo alla Camera, ma diciamo che ce l’aspettavamo.

- È anche un grande risultato, finora una legge così completa sull’omolesbobitransfobia non era ancora passata.
Era passata la legge Scalfarotto nel 2013 alla Camera e poi è morta al Senato, ma era passata modificata di tanto – il cosiddetto “salva vescovi”-. Quella era l’unica volta che era passata, poi era arrivata al Senato e quella legge faceva così schifo anche allo stesso Partito Democratico che non l’hanno più ripresa, perché si sarebbe dovuta modificare nuovamente e poi rispedirla alla Camera. Invece questa che è passata, così com’è passata, è un’ottima legge. Però adesso deve attraversare il Senato e lì la situazione è più complessa.
- Anche se il voto segreto ha fatto sì che tra le file dell’opposizione ci sia stato qualcuno che ha votato il ddl Zan.
Sì, c’è qualcuno che ha votato, ma nell’opposizione c’è chi è favorevole alla legge, dichiaratamente e anche no. Ricordo che il deputato di Forza Italia Elio Vito, a sorpresa ha fatto la dichiarazione di voto a favore, quindi contraria al suo gruppo. La stessa cosa sì, potrebbe succedere anche al Senato. Ma potrebbe anche succedere il contrario, nel senso che la maggioranza con il voto segreto potrebbe votare contro questa legge, perché nel Senato a livello anagrafico ci sono parlamentari più adulti, che magari hanno una forma mentis un po’ diversa per quanto riguarda questa legge. Infine, c’è una situazione differente con i numeri.
- Che ne pensi del cosiddetto emendamento “salva omofobi”, l’articolo 3 della legge?
È un contentino che è stato dato inizialmente a Forza Italia, nel senso che loro hanno trattato per avere questo lasciapassare, ma non influisce sostanzialmente sulla legge perché dice quello che si afferma anche nella Costituzione sulla libertà di espressione, poi questa è una legge che non riguarda la propaganda delle idee, è una legge che si estende alla Mancino; ma la Mancino riguarda la propaganda delle idee solo per quanto riguarda il razzismo. È uno specchietto per le allodole perché non è servito poi a nulla, sta in quella legge, ma non la danneggia.
- Beh anche perché le argomentazioni della controparte sono rimaste comunque identiche…
Sì, perché anche loro sono consapevoli di questo. Io parlavo con un parlamentare di Forza Italia e non era molto convinto di questa cosa. L’articolo 3 non l’aveva rassicurato perché anche lui sapeva che era un articolo buttato lì, giusto per confondere un po’ le acque a chi era contrario e tranquillizzare qualcuno.

- Qual era la paura maggiore di questo parlamentare su questa legge?
Sostanzialmente quella che hanno tutti quanti quelli dell’opposizione. Non è una paura reale, è solo una paura dichiarata, nel senso che è quella che questa legge potrebbe limitare la libertà di espressione e soprattutto c’è sempre questa nenia per cui la legge contro l’omotransfobia non serve perché i reati sono già puniti. Insomma tutto quello che tu hai sentito da parte dell’opposizione negli ultimi mesi.
Sono sempre quelle là le loro obiezioni e questa è però una cosa che dovrebbe colpire perché non hanno motivazioni reali.
Quando poi inizi a smontare pian piano tutte queste motivazioni spiegando che in realtà una legge serve, che il reato di omotransfobia esiste, nel senso che queste aggressioni esistono e non puoi paragonarle a quelle di altro tipo. Quando spieghi che questa è una legge che non minaccia la libertà di espressione e spieghi anche il perché, poi loro non hanno più argomenti. Preferiscono non sentire e continuare. Non ci sono proprio argomenti contro questa legge.
- Oddio io dopo aver sentito per la millesima volta “pulizia del pensiero e polizia del pensiero” durante la discussione alla Camera, volevo suicidarmi. Era una nenia incessante.
(Ride) Sì, è vero. Pulizia del pensiero, legge liberticida, e chissà quante ne sentiremo al Senato quando si arriverà alla discussione perché se ricordi durante la discussione al Senato sulle unioni civili quante se ne sono inventate! Immagino che se dovesse arrivare in aula questa legge, sarà il circo. Saremo lì davanti al computer a ridere, perché poi è anche divertente.

- A proposito di articolo 3 mi viene in mente subito il neonato Partito Gay, che ha come vessillo della sua polemica sulla legge Zan, l’obiezione contro l’articolo 3. Che ne pensi di questo Partito Gay?
Diciamo che ognuno è libero di fondare qualsiasi partito, la democrazia è questa, ognuno può scendere in campo, candidarsi e fondare un partito. Ho dubbi sul voto. Partito Gay poi, avrei scelto un altro nome! Vorrebbe intercettare un voto che secondo me non esiste. Il voto arcobaleno, il voto lgbt non esiste in Italia.
Perché l’Italia non ha una comunità come quella americana di San Francisco, New York, oppure Parigi in Francia. Non ha una comunità Lgbt di lobby, se proprio vogliamo parlarne. Non esiste in Italia. Il voto gay ed lgbt non esiste. Ho difficoltà a vedere come possa intercettare questo tipo di voto. Poi per il resto in Europa non esistono i partiti gay, mi sembra che ci sia soltanto in Africa un partito dichiaratamente gay, e forse in Turchia. Sono un po’ scettico, però vedremo.
- Perché hai scelto di occuparti di tematiche lgbtq?
In realtà diciamo che mi è capitato, nel senso che io ho iniziato a collaborare sull’Espresso occupandomi di economia ed Europa, quindi niente di più lontano. Ogni tanto scrivevo anche di diritti, poi sono arrivate le unioni civili e ne ho scritto quasi sempre, e poi ad un certo punto c’è stato anche un bisogno perché non mi piaceva vedere come venivano trattati certi temi. Mi disturbava quasi. Dicevo “lo faccio io”, non che sarò l’unico che lo faccio, ma se deve farlo quella persona lì, preferisco farlo io e raccontare un po’ quello che è vero. Poi comunque la questione dei diritti, tutti i diritti, di tutte le minoranze, mi ha sempre affascinato.
- Dalla lettura del tuo libro “Caccia all’omo” emerge un’odio “intersezionale” per così dire. Non si odia solo la persona omosessuale, ma anche l’immigrato, le donne e in generale tutte le minoranze. È un fronte compatto e totalitario, mentre dall’altro lato, quello di chi combatte quest’odio appare invece un fronte abbastanza frammentato. Penso alla questione della transfobia interna ad alcuni gruppi femministi integralisti ad esempio, tu pensi che questo sia un fattore controproducente per la battaglia contro l’odio?

Nella storia del movimento lgbtq italiano non c’è mai stata compattezza. Io mi ricordo quando si parlava delle unioni civili, c’era una piazza contro e una che festeggiava, ci sono sempre stati dei malumori. Questo è un Paese che non è mai riuscito a fare unità sui diritti, sulla difesa dei diritti, e soprattutto il movimento lgbtq non c’è mai riuscito. Quello che emerge nell’ultimo tempo è questa frangia che hai definito femministe integraliste, come appunto ArciLesbica.
Penso che sia giusto che ognuno abbia la propria idea differente, perché il movimento è anche questo: avere ognuno la propria visione. C’è chi è favorevole al matrimonio, c’è chi il matrimonio egualitario lo vede come un vezzo borghese ed è contrario. Però ci sono certi temi in cui non ci si può dividere. La questione dell’omotransfobia e soprattutto tutta questa battaglia che è stata fatta e penso sia finita contro la legge Zan sull’identità di genere, è una battaglia che non ha alcun senso. È una battaglia di movimento, ideologica, anche quella di Arcilesbica e quella parte del femminismo, ma che non ha alcun senso calata in un contesto di legge.
Tu non puoi scegliere di non difendere la comunità trans per l’uso di una parola che tra l’altro è anche riconosciuta a livello giuridico, l’identità di genere. È giusto che ci siano differenti opinioni all’interno del movimento, sarebbe giusto che si parlassero ogni tanto, perché il problema è che non ci si parla, però ci sono anche dei momenti in cui tutte queste voci dovrebbero intonare un coro, una voce sola, soprattutto in un momento in cui l’odio verso le persone lgbtq non è mai stato così forte perché le persone lgbtq non sono mai state così visibili.
- In molte testimonianze che tu racconti nel libro “Caccia all’omo” c’è una famiglia molto conservatrice, cattolica, che ha difficoltà ad accettare il figlio o la figlia. Queste persone sono espressione di una Chiesa molto conservatrice che fin dall’inizio si è opposta alla legge Zan. Se questa corrente ecclesiastica fosse eliminata totalmente con una dottrina molto innovatrice di Papa Francesco, secondo te le cose cambierebbero o persisterebbero gli stessi problemi di omolesbobitransfobia?
Io in realtà non penso che ci sia una dottrina innovativa per quanto riguarda il papato di Bergoglio. Quest’apertura mi sembra più di facciata, tant’è che quella famosa dichiarazione sulle unioni civili del Papa poi è stata smentita pochi giorni dopo. Bergoglio poi è una persona che ha sempre parlato di teoria gender, di colonizzazione ideologica, attaccando quella che era l’educazione dell’affettività. Comunque una modifica della dottrina reale, del catechismo della Chiesa Cattolica, potrebbe avvenire solo se il Papa mette mano a quelle pagine e cambia quella parte che condanna l’omosessualità.
Finché non lo fa sono soltanto slogan. Dall’altra parte noi dobbiamo pensare alla Chiesa come se fosse la nostra politica, anche nella Chiesa c’è l’ala di destra e quella di sinistra, quella più conservatrice e quella più progressista. Quella più conservatrice naturalmente è quella del Family Day, dei Pro Vita, quella più progressista è rappresentata effettivamente da Bergoglio, ma su certi temi la svolta non c’è. Io non la vedo. È molto difficile, poi il tempo dirà; ma per il momento la svolta io non l’ho vista.
- Farai un altro reportage “Caccia all’omo” numero 2?
Sto scrivendo già qualcosa non proprio legata a questo, però ci sto pensando. Una cosa di cui avrei bisogno è viaggiare però. Siccome faccio un giornalismo di relazione, devo conoscere le persone, non posso parlarci solo a telefono, devo almeno incontrarle. Se non lo posso fare è tutto bloccato. Posso raccontare un po’, però poi devo anche andare a capire pure se questa persona mi sta dicendo delle cavolate.
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