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In Libia la rivoluzione è anche donna
Hanan al-Barassi, un’altra martire dei diritti umani, sperava di rivoltare il palazzo del maresciallo: l’inizio di un grande cambiamento sociale.
“Azouz barqua” ovvero la signora della Cirenaica, l’anziana, la saggia. La chiamavano così Hanan al-Barassi, uccisa martedì 10 novembre a Bengasi mentre passeggiava con la figlia. Donna, avvocatessa, di 46 anni, attivista per i diritti umani da anni stava denunciando le azioni illecite della famiglia del generale Haftar.
Chi è il generale Khalifa Haftar?

Dal 2011 in Libia la guerra civile si protrae con forti pressioni tra due fuochi: quello del governo riconosciuto dall’ Onu con a capo Fayez al-Sarraj e capitale a Tripoli e il comando del maresciallo Haftar nei territori dell’est e gran parte del sud. Il generale da anni ormai continua una personale guerra insieme ai ribelli sotto il suo controllo contro il governo per detenere il potere. Appoggiato da Emirati Arabi e Francia, amico di Trump, cittadino americano oltre che libico, detiene il controllo dei più importanti terminal petroliferi.
Bengasi, dove è stata uccisa al-Barassi è la città più grande controllata dalle truppe di Haftar in Cirenaica. L’avvocatessa molto presente sui social, il giorno prima dell’uccisione aveva annunciato di denunciare alcuni fatti compiuti dalla famiglia del generale. Il sistema clientelare e corrotto da tempo è sotto attacco del popolo libico.
A settembre il governo autoproclamato a Tobruk si dimette in seguito ad accuse e proteste. Haftar apparentemente perde territori, scontri e acquirenti, soprattutto francesi. Il figlio, da tempo in buoni rapporti con gli Emirati, si occupa di scambiare risorse libiche come oro e contratti petroliferi in cambio di armi e sostegno economico bellico. Ulteriori scoperte fatte da inchieste, avvocati ed attivisti potrebbero ulteriormente mettere in dubbio e accusare tutta la sua famiglia. Dunque i sicari decidono di uccidere una delle donne più attive, una delle tante in realtà, perché le donne, in Libia, sempre più qualificate e politicamente attive iniziano ad esporsi contro le ingiustizie, sapendo già la condanna.
Trattati di pace: il ”Libyan political dialogue”

In Tunisia dall’8 novembre si tiene il forum per trovare un accordo e nominare le cariche del prossimo possibile governo unito. 75 delegati per trovare un dialogo e risolvere degli snodi eterogenei nel futuro della Libia nazionale e internale. Il forum, supervisionato dall’Onu è composto da 13 inviati di Tobruk, e da 13 inviati di Tripoli e 50 membri scelti dall’Onu tra le minoranze: donne, giovani, tuareg e tebu, amazigh e i neo-gheddafini verdi.
Nessuno potrà negoziare per una carica propria, chi è presente alla tavola delle trattative dovrà trovare dei nuovi nomi. 18 mesi a disposizione per concludere le trattative e arrivare alle elezioni pronti con i nomi e le cariche.
Grande ottimismo da parte di Stephanie Williams, rappresentante speciale ad interim del segretario generale delle Nazioni Unite (Unsmil) per la Libia, che trova la trattativa come un buon auspicio per arrivare finalmente, dopo 9 anni a una stabilità necessaria.
Opportunità reale di cambiamento?

Come riportato precedentemente, il forum nasce da un incontro tra diverse figure, non solo diplomatici ma anche civili, compresi attivisti e attiviste. Naturale chiedersi se queste trattative hanno un reale valore per una società ancora alle prese con problemi di corruzione e violenza armata. Civili con cui si dovrebbe patteggiare e dialogare uccisi e torturati, per paura che le scoperte fatte vengano distribuite al mondo. Nepotismo e favoritismi nella vita di tutti i giorni, con i suoi aiutanti tutti della tribù cirenaica Ferjānī, a confronto con la possibile nascita di una nuova Libia, con nuovi valori.
Sarà davvero cosi? Chi patteggia e negozia per Haftar, sarà davvero indipendente nel pensiero e nelle espressioni al forum? Oppure il peso del potente generale premerà come minaccia interiore e senso di obbedienza?
Intanto la figlia di Hanan Al-Barassi mentre stava accompagnando la madre per strada l’ha vista uccisa sotto i propri occhi. Un’ingiustizia che non potrà essere risarcita, a prescindere dagli esiti delle trattative dei ”potenti”. Una donna e madre, l’avvocatessa delle donne vittime di violenze domestiche, la cui voce, a quanto pare purtroppo, ha fatto tremare il palazzo di cristallo di Haftar e famiglia tanto da deciderne l’eliminazione completa.
Hanan è solo l’ultima delle tante donne, laureate e indipendenti che mettono le proprie competenze e troppo spesso le proprie vite a disposizione della lotta per un cambiamento radicale nella cultura e nella società libica. La politica sempre più spesso è anche un affare per donne e di donne. In un Paese frammentato, le minoranze vengono sempre più tutelate dalle donne e dai giovani. Se si potesse garantire un ruolo amministrativo nel futuro governo, la Libia farebbe dei passi molto avanti.
Per ora, anche solo l’accordo, dopo 9 anni di guerriglia sembra utopico.
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