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Cultura

Il Controcampo: Nella torre d’avorio non ci sono cinema

Cos’è il cinema popolare? Secondo voi è giusto parlare della distinzione tra cinema popolare e cinema d’élite?

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Il cinema è come una vecchia p*ttana, come il circo e il varietà, e sa come dare molte forme di piacere.
Federico Fellini

Il termine “cinema popolare” è qualcosa che mi ha sempre colpita. Crea immediatamente una separazione con un ipotetico cinema non-popolare. Non solo: il cinema popolare lo guardano gli ipotetici “altri”. Io no, io sono più acculturato, intelligente, profondo, non mi mischio con “gli altri”. Il culto di sé nelle vetrine dei social media sta creando un mondo di “geni in un mondo di idioti”.

Nella società dell’informazione in cui viviamo, in cui non esistono pezzi di informazione veramente irraggiungibili, in cui un libro oppure una ricerca possono fornirci informazioni illimitate su qualsiasi argomento, non credo che ci sia più posto per l’élite. Il termine “cinema popolare”, inoltre è – nell’opinione di chi scrive – tautologico. Il cinema è popolare. Non esiste un cinema che non lo sia, la popolarità si trova nell’essenza stessa del mezzo cinematografico.

Come nasce il cinema?

Il cinema, se lo si pensa, è un’arte che si muove al contrario, come i gamberi. L’arte sembra essere nata per le famiglie benestanti, nobili, che potevano permettersi di assumere un artista a cui commissionare una statua o un quadro, oppure che possedevano i soldi per andare a vedere concerti, l’opera, il balletto. Il cinema nasce invece come fenomeno da baraccone, simile al circo, dedicandosi nei propri arbori all’intrattenimento della popolazione più “comune”. Al costo di un nickel, io, persona che ha appena visto la sua giornata di lavoro ridursi a otto ore, posso godere di lavori fantastici, divertenti, che mi trasportano lontano, fatti apposta per me e coloro come me.

Nessun pubblico costretto a stare in piedi alle opere di Shakespeare perché il posto a sedere costava troppo. Il cinema è il posto in cui tutti si trovano seduti alla stessa maniera, per un’esperienza di fruizione collettiva, “popolare”. Traslando questo all’epoca dello streaming e della pirateria, qualsiasi tipo di prodotto mediale diventa sempre più accessibile.

Perché snobbare la commedia italiana?

Tolo Tolo (Checco Zalone, 2020)

Ultimamente mi sembra sempre di più, frequentando persone del contesto universitario italiano e sentendo anche le discussioni che avvengono a lezione, di sentire persone che non apprezzano a prescindere artisti come Checco Zalone, oppure l’intero contesto della commedia all’italiana, o anche i film americani. Si fruisce solo del film sconosciuto Uzbeco, oppure dei grandi autori del passato, o ancora del film senza trama in cui si apprezza la grana della pellicola. Certamente delle ottime scelte, devo ammettere, tutte quante.

Tuttavia, l’originalità di questo pensiero fa un po’ acqua, ormai è un pensiero così diffuso all’interno della nostra generazione da non essere davvero una prospettiva inedita. Tutti conosciamo almeno dalle 3 alle 10 persone che la pensano esattamente così, da qui lo stereotipo dello studente DAMS. Personalmente, penso che la peculiarità del cinema sia la sua capacità di incontrarsi con altre forme di espressione, come la pittura, la letteratura, la danza, il teatro, in un costante gioco di richiami e di scopiazzature, tuttavia rimanendo sempre, nella sua essenza, popolare.

In una generale elevazione dell’opportunità dei giovani di studiare o di confrontarsi con idee diverse dalle proprie, non penso che esista un film completamente incomprensibile dal personaggio medio di questo ipotetico “altro”. Credo che l’arte, intesa com’è oggi, sia più che altro influenzata dai gusti. Gli “altri” non sono ignoranti se non vedono i film sconosciuti e senza trama. Forse non gli piacciono per i gusti che hanno, o forse non li conoscono, l’arte funziona così. Inoltre, per capire lo spirito di un decennio, i film più “popolari” sono proprio quelli a cui bisogna guardare, quelli che più evidenziano le tendenze e le contraddizioni del tempo. Delle prospettive che non tengono conto delle tendenze del cinema mainstream sono – ahimé – incomplete, come sarebbe del resto il contrario.

Hitchcock, il maestro della suspense che apprezzava “la popolarità” del cinema

Hitchcock presenta Hitchcock (Hitchcock, 1955-1962)

Un personaggio che mi affascina terribilmente è quello di Hitchcock. Qualsiasi cinefilo converrà che è una delle menti più affascinanti e creative della storia del cinema, il maestro indiscusso della suspense. Tuttavia, se si toglie l’aura di santità derivata dal fatto che non è più con noi, e che prodotti del passato assumono di per sé un’aura di qualità, Hitchcock apprezzava il cinema nella sua essenza più profonda: l’essere popolare.

La televisione diventa popolare? Boom: Alfred Hitchcock Presents. Chiunque può capire un film di Hitchcock, e chi conosce la cura della cinematografia può apprezzarlo di più, ma questo non toglie la possibilità al “popolo” di apprezzarlo immensamente. Un altro esempio che mi colpisce sono i cineasti italiani del dopoguerra, dai neorealisti ai movimenti New Wave che seguono. Questi sono dei film fatti egregiamente, ma non d’élite, non incomprensibili, girati con quattro soldi dai membri di questo suddetto popolo da cui ci si allontana disgustati. Ne I Quaderni di Serafino Gubbio Operatore, Pirandello lancia così tanti insulti sul cinema del suo tempo (che ora veneriamo) che la metà basta.

Mi sento un po’ Marinetti quando disse che la macchina è più bella della Gioconda, ma il concetto mi sembra chiaro. I film che adesso disgustano il frequentatore medio di cinema d’essai, come i cinepanettoni, i film di genere, o la commedia in generale a parte pochissimi casi, saranno probabilmente rivisti in chiave diversa, quando sarà passato del tempo, da coloro che disdegneranno i film della stagione 2060-2061.

Una comprensione dell’essenza popolare del cinema lascia il posto a ciò che è di proprio gusto, più che a ciò che è “popolare” e ciò che non lo è. Nessun gusto dovrebbe essere superiore ad un altro. Nessuno vi legherà a una sedia a guardare la tutti gli Avengers dal 2012 a oggi, tranquilli. Ma la riflessione con cui vi lascio è questa: la tendenza alla controtendenza, quella che ci mette tutti gli uni contro gli altri, in opposizione all’idiozia dell’italiano “medio”, non solo è dannosa per l’apprezzamento e la condivisione dell’arte, ma non ha nemmeno luogo secondo me nel mondo del cinema, lo strumento del “popolo” per eccellenza.

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Margaret Duggan, studentessa italoamericana classe '96, proveniente da Lecce. Laureata in Cinema e Televisione alla California State University Northridge a Los Angeles e studentessa magistrale di Cinema, Televisione e Produzione Multimediale a Bologna, ho lavorato a produzioni cinematografiche sia studentesche che professionali. Nel tempo libero mi piace andare in campeggio, nuotare, leggere, e ovviamente guardare film! Con la mia rubrica "Il Controcampo" vorrei mostrare ai miei lettori i lati meno conosciuti dell'industria del cinema. Insieme possiamo proiettarci nei teatri di posa, negli uffici di produzione, nei camerini degli attori, ed esplorare tutte le stanze della "fabbrica dei sogni"!

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