Ambiente
Trecento anni di rifiuti
Nella notte tra il 4 e il 5 Gennaio scorso è stata pubblicata la mappa che individua le 67 aree potenzialmente idonee ad ospitare il nuovo deposito di rifiuti radioattivi.

Nella notte tra il 4 e il 5 gennaio è stata pubblicata la mappa delle 67 aeree potenzialmente idonee ad ospitare il nuovo deposito di rifiuti radioattivi. Questa notizia ha suscitato la reazione della popolazione che in questi ultimi anni ha sviluppato un atteggiamento di profondo rispetto verso la natura e l’ambiente che ci ospita.
Cosa sono i rifiuti radioattivi?

I rifiuti nucleari possono essere classificati in cinque categorie:
- rifiuti a vita molto breve che, in pratica, si smaltiscono come quelli che siamo abituati a gestire quotidianamente;
- rifiuti di attività molto bassa;
- rifiuti di bassa attività (per un totale di 78 mila metri cubi che verranno smaltiti nel deposito nazionale);
- rifiuti di media attività;
- rifiuti di alta attività (17 mila metri cubi)
In tutto abbiamo circa 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi da smaltire.
Trecento anni di rifiuti

In Italia ci sono 33mila metri cubi di rifiuti radioattivi che verranno custoditi per circa trecento anni. Tanto è il tempo necessario per far calare la radioattività fino a raggiungere livelli che possono essere considerati quanto meno tollerabili per l’uomo.
In Italia le centrali nucleari sono in dismissione dopo il referendum del 1987, dunque tali rifiuti – si ipotizza altri 45mila cubi – saranno prodotti nei prossimi anni da settori come la medicina, l’industria e la ricerca. Ma attenzione, ciò che ha suscitato maggiore scalpore è il fatto che l’Italia non solo deve smaltire i suoi rifiuti ma deve custodire nel suo preziosissimo territorio anche quelli nucleari provenienti dalla Francia e dal Regno Unito.
Per sopperire a questa necessità sarà quindi costruito un unico grande deposito nazionale
La mappa pubblicata nelle scorse settimane non contiene una geolocalizzazione precisa dei potenziali luoghi dove verrà costruito il deposito ma individua aree estese che rispondono ad una serie di criteri. Le aree più idonee sono la provincia di Torino e Viterbo, mentre tutte le altre aree – Toscana, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna – hanno una valutazione inferiore rispetto alle prime dodici.
Gestire e stoccare questi rifiuti non è semplice, per custodirlo in sicurezza verranno realizzate quattro solide barriere. Tale gestione si articola in diverse fasi:
- caratterizzazione;
- trattamento;
- condizionamento;
- stoccaggio;
- smaltimento
La protesta delle Regioni

All’indomani della pubblicazione dell’elenco delle aree da parte della Cnapi ( La Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente idonee) è partita una fase di consultazione con Regioni ed enti locali: una volta trovato l’accordo con le comunità si entrerà nella fase operativa vera e propria. Ma questo accordo non si trova dal momento che tale piano ha suscitato scalpore e indignazione provocando la rivolta dei sindaci. Si è innalzato, dunque, un solido muro in difesa dell’agricoltura e del turismo.
Il presidente della Puglia, Michele Emiliano esprime la sua netta contrarietà a questo progetto che trasformerebbe alcuni comuni pugliesi e lucani in cestini di raccolta rifiuti radioattivi. Il modello di sviluppo è incentrato sulla tutela dell’ambiente e della salute e questo progetto è naturalmente in contrasto con tale nobile obiettivo.
Fanno eco le parole del presidente della Sardegna Christian Solinas che fortemente irritato parla di arroganza del Governo per il fatto di aver completamente trascurato la volontà espressa dal popolo sardo in merito a tale tematica. Infatti, La Sardegna disse NO alle scorie nel responso del referendum popolare del 2011 per cui non ha alcun senso un’ulteriore fase di consultazione pubblica. Ma tutto questo sembra non bastare a tutelare la preziosissima isola.

Le istituzioni locali si domandano come sia stato possibile che questi tecnici della Sogin, arrivati di soppiatto in terra sarda, non abbiamo considerato che quel territorio, che va da Setzu, Genuri e Tuili, cinge il più grande compendio naturalistico del mediterraneo, quello della Giara. Insomma, come potrà convivere questo favoloso paesaggio senza tempo con le scorie radioattive che di tempo ne hanno eccome: ben trecento anni?
La Regione doveva avere un punto a suo favore: la difficoltà che si insidia nel trasporto marittimo di questi rifiuti. E, invece, l’isola dei nuraghi si trova nel mirino della radioattività insieme ad altre cinque regioni. A tal fine i sardi si sollevano nuovamente all’unisono per gridare NO Iscorias! nelle proteste sollevate dai sindaci delle aree interessate del sud Sardegna.

Ma da un’isola passiamo ad un’altra guidata da Musumeci che, invece, richiede un confronto tra governo nazionale, governo Regionale e le comunità locali interessate in modo da individuare quattro aree potenzialmente idonee alla costruzione del deposito nucleare nazionale. Insomma, secondo il Presidente della Regione Sicilia occorre un maggiore dialogo per affrontare un così fondamentale tema come quello ambientale.
Il deposito dovrebbe essere collocato nella zona di Butera, Trapani, Calatafimi-Segesta e nelle Madonie ma il popolo siciliano sembra non apprezzare questa linea troppo aperta al dialogo del loro governatore così si sono collegati su una piattaforma telematica e hanno organizzano una protesta fissata per il 6 Marzo. La protesta ha motivazioni chiare e precise: il territorio dell’isola non è adatto per raccogliere tutti i rifiuti speciali d’Italia per diverse ragioni legate alla elevata sismicità che caratterizza il territorio, la vocazione agricola e turistica tipica degli abitanti del posto e, infine, la vicinanza a Parchi naturalistici o ad aree archeologiche.
Mentre la Basilicata può avere un briciolo di speranza dopo che il ministro della salute Roberto Speranza ha indicato il territorio poco idoneo ad ospitare una quantità simile di rifiuti. Che dire cari lettori e lettrici non ci resta che attendere per capire dove, alla fine delle turbolenze, verranno posizionati i rifiuti tossici per almeno trecento anni. Presumo che ci aspetta un lungo periodo di attesa prima di ottenere la risposta del Governo che ora è in altre faccende affaccendato.
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