Politica
In 160 anni di Unità si sono alternati ben 163 governi
Quest’anno festeggeremo il 160° anno dall’Unità ed i governi che dal 1861 hanno retto questo paese sono ben 163. Quest’instabilità caratterizza anche gli altri Paesi Europei? Si riesce in brevi legislature ad avere un programma politico che guardi al futuro?

Spesso la descrizione, soprattutto dei media, della situazione governativa attuale quasi come punto più basso mai toccato nel nostro Paese, ci spinge a pensare che il repentino decadimento della politica sia stato perfino capace di sovvertire gli idonei comportamenti da adottare in questi delicati periodi di crisi. La storia, quella oggettiva ed immutabile, ci dice esattamente l’opposto. Quest’anno festeggeremo il 160° anno dall’Unità ed i governi che dal 1861 hanno retto questo paese sono ben 163.
Certo, in questa conta vanno anche quelle esperienze minime, come il governo che Tommaso Tittoni ha guidato dal 12 marzo al 27 marzo 1905, sostanzialmente una reggenza che avrebbe dovuto permettere a Giolitti di testare di avere ancora la maggioranza, ma così non fu ed il testimone, quindi, passò a Fortis. Ma anche queste esperienze hanno fatto male alla salute istituzionale del nostro paese, in primis per una diplomazia internazionale che, soprattutto in quelle esperienze brevi ed a tratti insignificanti, si trova a rapportarsi con persone sempre differenti, facendo dunque perdere credibilità e spessore al nostro paese.
In questo serrato alternarsi di governi bisogna ricordare che anche l’epoca fascista, seppur il governo fosse sempre uno – Il I governo Mussolini è stato in carica dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943 – non è stata da meno. Con il capo unico, il mutamento si ebbe nei ministri, tra tutti forse le più famose dimissioni di quel periodo sono del Ministro dell’Interno Luigi Federzoni in favore dello stesso Mussolini, poi l’ampia riforma di Alberto De Stefani che accorpava ed eliminava alcuni ministeri e ne faceva nascere altri, come quello dell’aeronautica.
L’Italia sempre in preda all’instabilità

Insomma, una nazione sempre preda dell’instabilità, alla quale si aggiungono scandali come quello della Banca Romana nell’ultimo decennio dell’800 ed il più recente Mani Pulite, fino a tragici accadimenti quali il regicidio di Monza del 1900 e il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro nel maggio 1978. Tornando ad una questione numerica, un confronto con altri due paesi occidentali dovrebbe rendere meglio l’idea.
L’Italia sta affrontando la XVIII legislatura, dal 1948 (entrata in vigore dell’attuale Costituzione) ha visto succedersi 28 capi di governo, ma di ben 63 esecutivi. Nello stesso periodo gli Stati Uniti hanno avuto 13 presidenti e la Gran Bretagna 16 premier. Spagna e Francia hanno avuto una stabilizzazione tardiva, basti pensare che Francisco Franco è morto nel 1975. Inoltre, bisogna notare che i nostri Primi Ministri sono gli stessi per diversi governi, ma spesso non consecutivi, il che peggiora questa frammentarietà politico-governativa.
Quella che ci troviamo ad affrontare, perciò, non è che una prassi tutta italiana, nata quello stesso 17 marzo 1861 e che nessuna figura è riuscita a cambiare. Una scena già vista innumerevoli volte, scontata come la presenza del sangue in un film di Quentin Tarantino. Fondamentale è sottolineare come, per forza di cose, tutte queste azioni siano sempre state in linea con lo Statuto Albertino prima e la Costituzione Repubblicana dopo.
Tra Trasformismo e responsabili chi pensa ai giovani?

È inutile urlare alla dittatura o ai magheggi, tutto quello che si fa negli apparati centrali dello stato è regolamentato dalla Carta. Anche per quanto riguarda il fatidico “giro di chiamate” che Clemente Mastella starebbe attuando, basterà ricordare il paragrafo intitolato “Agostino Depretis ed il trasformismo” su qualunque manuale di storia. Ancora una volta, un approccio sensato e razionale ad un problema così grave e così radicato, potrebbe portare a scambi profondi e quindi a decisioni ferme ed importanti che, potrebbero invertire questo flusso di crisi endemiche che attanaglia il nostro paese, che non può mai guardare al di là del proprio naso.
Uno sguardo così limitato verso il futuro che ci fa perdere sempre il nocciolo di enormi questioni, come cambiamenti climatici o l’avvio al lavoro per i giovani. Un cambio radicale ed emblematico è avvenuto in Francia, che dopo una Quarta Repubblica caratterizzata dal sistema semipresidenziale e da un sistema parlamentare debole, che hanno sancito un momento di continue crisi e cambiamenti negli apparati centrali, nel 1958 ha approvato la sua Settima Costituzione entrando nella Quinta Repubblica, ancora in vigore, trovando finalmente una nuovo equilibrio.
Comprendere i propri errori e mettersi in discussione, magari modificando parte del nostro sistema statutario, dovrebbe essere il succo alla base dei discorsi dell’attuale situazione politica. Una nuova legge elettorale che dia vera stabilità al partito vincitore, un potere decisionale maggiore al Primo Ministro, una differente soglia di sbarramento; invece di poltrone, trasformismo, seggi, deputati al posto di sindaci. Insomma, un teatrino adatto a far innalzare i likes alle pagine di meme politici, ma inabissare questo paese che va sempre peggio, perché non muta mai. Sembrano risuonare le parole che il principe Salina lasciò alla letteratura italiana:
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»
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