Ambiente
Cop26, a Glasgow il summit che deve salvare il clima
Si terrà dal 31 ottobre al 12 novembre il più importante incontro per la tutela dell’ambiente. Le aspettative per questo incontro sono elevatissime, oltre 120 leader saranno partecipi e avranno l’opportunità di riaffermare il loro impegno verso gli obiettivi di transizione ecologica per arginare il cambiamento climatico

Surriscaldamento globale, deforestazione, innalzamento del livello del mare. Questi solo alcuni degli enormi disastri che stanno colpendo il nostro Pianeta. Stiamo vivendo una vera e propria emergenza climatica, ed è più che giusto che venga chiamata così e non solo “maltempo”. L’uomo sta uccidendo questo pianeta ed è quasi troppo tardi per rimediare. Si sono svolti summit, incontri, sono state fatte manifestazioni ed eventi per sensibilizzare sulla questione ambientale, ma tutti gli sforzi fatti sembrano risultare inutili. Tra greenwashing e mega corporation che sono totalmente indifferenti al cambiamento climatico e continuano, come se nulla fosse, a pensare esclusivamente al profitto.
In tutto questo, domenica 31 ottobre a Glasgow si terrà la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (COP26): un’eccellente opportunità per i responsabili politici di riaffermare il loro impegno verso gli obiettivi per arginare il cambiamento climatico. Questa ventiseiesima edizione ha i riflettori puntati addosso, con tutto quello che sta succedendo nei mercati energetici di recente, il tempismo della conferenza non potrebbe essere migliore. Oltre 120 leader hanno confermato la loro presenza al summit, le aspettative sono altissime, ma l’atmosfera pre-summit si ingrigisce di giorno in giorno.
A sollevarla è arrivato il recente annuncio dell’Arabia Saudita, che si è finalmente impegnata ad azzerare la produzione netta di CO2. Seguito da quello dell’Australia, che lo farà entro il 2050. La Cop26 sarà preceduta dal G20 di Roma, il 30 e 31 ottobre. Le indicazioni che ne usciranno potrebbero dare l’inerzia, nel bene o nel male, ai lavori della conferenza Onu.
Ma perché questa conferenza sta ricevendo così tanta attenzione?

L’ultimo evento sul clima, dopo la stipula del Protocollo di Kyoto nel 1997, è stato sicuramente a Parigi nel 2015. Durante questo incontro i capi di stato e i governanti di 195 Paesi hanno siglato l’Agenda 2030 con la quale i firmatari si impegnano a ridurre le emissioni di Co2 e ad avviare un percorso di transizione ecologica. Sono passati sei anni, le cose sono molto cambiate. In primis c’è stata una pandemia globale, in più si sono verificati altre centinaia di disastri ambientali, basti pensare agli incendi in Australia, ai vari nubifragi che hanno colpito l’Europa e recentemente il Sud Italia, terremoti e inondazioni: è aumentata l’urgenza con cui agire. Bisogna farlo adesso, e poi ormai le tecnologie verdi sono assolutamente più reperibili e mainstream.
Mentre molti paesi si sono impegnati a raggiungere la neutralità di carbonio, per lo più puntando al 2050, in linea generale manca una chiara tabella di marcia per arrivarci. È improbabile che entro la fine di questa conferenza si riesca a ottenere tutte le risposte di cui abbiamo bisogno, ma potremmo comunque vedere dei passi nella giusta direzione. Detto questo, si stanno già facendo progressi. Il crescente utilizzo da parte dell’Europa dei prezzi del carbonio come strumento per raggiungere i suoi obiettivi climatici ne è un chiaro esempio. La legislazione Fit for 55 proposta mira a raggiungere una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Questi obiettivi provvisori rendono l’ambizione finale “net zero” più comprensibile.
Anche i mercati fanno la loro parte, come abbiamo visto nel caso del forte rally nel sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’Unione europea (EUAs). Le azioni dei policymaker stanno muovendo i mercati anche altrove. La Cina ha intrapreso un arduo viaggio per decarbonizzare la sua industria dell’alluminio riducendo la produzione e cercando di passare alle energie rinnovabili. Questo processo potrebbe richiedere anni, facendo perdurare per anni la scarsità di offerta di alluminio, un’aspettativa che si insinua nel prezzo di mercato del metallo.

Il Regno Unito, che è stata la prima grande economia a impegnarsi a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050, si è ora impegnato a rendere la sua fornitura di elettricità interamente verde entro il 2035 e ha introdotto un divieto sulla vendita di nuovi veicoli a combustione interna dal 2030. Obiettivi così elevati richiedono investimenti significativi. Il governo sta attualmente cercando 50-60 miliardi di sterline ogni anno dal settore privato. Ma le cifre potrebbero finire per essere ancora più alte. Dalla costruzione di un’intera rete di sistemi di stoccaggio dell’energia a batteria per sostenere una transizione verso l’energia rinnovabile alla messa in atto di una robusta infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici, c’è molto lavoro da fare.
Raramente l’opportunità per un’industria di prosperare è stata così ben sostenuta dalla politica. È probabile che i governi continuino a spianare la strada agli investimenti privati – per alimentare l’innovazione e finanziare l’infrastruttura. Tutto questo può tradursi in opportunità infinite per gli investitori che guardano ai megatrend in un’ottica olistica.
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