Cronaca
Assalto agli studenti a Milano
Perché di fronte alla morte di un ragazzo vengono presi d’assalto altri suoi coetanei cercando di sopprimere l’intento di dare voce ad un disagio che accomuna migliaia di studenti in tutta Italia? La domanda dopo la manifestazione di Milano sorge spontanea…
Nel pomeriggio del 28 gennaio, intorno alle ore 16:00 sotto la sede di Confindustria un numero stimato tra i duecento e i trecento studenti, tra liceali e universitari, si sono trovati per manifestare in ricordo di Lorenzo Parelli, il diciottenne rimasto schiacciato da una trave nel suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro. I ragazzi si sono uniti, pacifici ma decisi, per puntare il dito contro un sistema che non tutela la loro sicurezza e la loro istruzione, a Milano come a Torino e Napoli, e si facevano spazio con striscioni e cartelli, per dire No all’alternanza scuola-lavoro sotto il titolo “Questa scuola ci sta uccidendo”. Ricordavano la storia di Lorenzo, come la sua vita sia stata un banale incidente di percorso in una dinamica ben più grande di quello che si crede.
È bastato così poco per scatenare la violenta reazione delle forze dell’ordine, scagliatesi in tenuta anti sommossa e scudi contro il gruppo di ragazzi per la maggior parte minorenni, e hanno così cominciato a spingere e colpire i manifestanti senza un reale motivo che potesse provocare una simile mossa di fronte a dei ragazzini completamente. I segni di questa aggressione li portano i partecipanti alla manifestazione: un ragazzo, colpito alla tempia con un manganello, è stato portato in ospedale in seguito ad una copiosa perdita di sangue, un altro, minorenne, dopo essere stato stordito con un medesimo colpo alla testa, è caduto a terra stordito. Diversi sono poi i lividi su braccia e gambe, spintoni e minacce da parte della polizia.
In tutte le città che hanno ospitato questi cortei i ragazzi sono stati presi d’assalto da vere e proprie cariche della polizia condite con botte, sangue, ambulanze in corsa e minacce, sottolineando, a dei ragazzi disarmati.
Numerose domande sorgono così spontanee: perché di fronte alla morte di un ragazzo vengono presi d’assalto altri suoi coetanei cercando di sopprimere l’intento di dare voce ad un disagio che accomuna migliaia di studenti in tutta Italia? Perché queste ripetute cariche violente di fronte solo ad una richiesta di ascolto e di cambiamento? Il vero nemico è chi prende le botte o chi le da? Gli studenti devono tacere di fronte alla morte di quello che poteva essere loro amico a causa della paura di finire schiacciati sotto scudi e manganelli? Perché la polizia ricorre a strategie così barbare quando di fronte a loro c’è chi potrebbe essere loro figlio?
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