Cultura
Giangiacomo Feltrinelli: un visionario e un rivoluzionario senza una rivoluzione da combattere
Questa settimana abbiamo recensito il nuovo libro di Aldo Grandi edito da Chiarelettere, Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli, dove emerge la vita ambivalente di un visionario e di un rivoluzionare senza una rivoluzione da combattere.

Sono sicuro che tra tutti quelli che state iniziando a leggere questa recensione non ci sia nessuno che non conosca o che non abbia mai sentito nominare almeno una volta il cognome Feltrinelli associato a quella grande F che capeggia in tantissime librerie sparse per l’Italia. Ebbene, vi siete mai chiesti cosa c’è dietro? O meglio, non vi è venuto in mente di andare a vedere chi fosse il fondatore di questo grande gruppo editoriale?
Non preoccupatevi e, anzi, mettetevi comodi perché questa settimana abbiamo recensito il nuovo libro di Aldo Grandi, “Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli” edito Chiarelettere che ricostruisce la vita di un editore a cui non sono mai piaciuti i panni che indossava, un editore non di umili ma di ricche origini viste da lui come un punto a suo sfavore, come qualcosa di incombente di cui liberarsi.
Chi erano i Feltrinelli?

Aldo Grandi, direttore del lagazzettadilucca.it, lagazzettadiviareggio.it, lagazzettadimassaecarrara.it e lagazzettadelserchio.it, nei suoi numerosi libri precedenti si è occupato del ventennio fascista e delle brigate rosse e qui riprende la storia di Giangiacomo Feltrinelli iniziando da quello che è il suo triste epilogo ovvero la sua morte all’età di quarantasei anni mentre stava cercando di imbottire d’esplosivo un traliccio della luce per farlo saltare in aria. Su questa morte fiumi d’inchiostro sono stati già versati immaginando i complotti più vari e, sotto questo punto di vista, se volete provare a capire qual è la versione più attendibile non vi resta che leggere questo libro.
Fatto sta che a quarantasei anni Giangiacomo o “Osvaldo”, il suo nome di battaglia, di cose ne aveva già fatte parecchie ma partiamo dal suo cognome: capostipite della dinastia dei Feltrinelli è Faustino che, dalle rive del lago di Garda, nel 1800 diede vita alla Legnami Feltrinelli divenuta poi la Legnami Fratelli Feltrinelli nel 1860, un vero e proprio gruppo finanziario che si occupava di arredamenti navali, aziende alberghiere e bancarie, costruzioni edilizie…
Con l’ingresso del nuovo secolo nasce anche la banca Feltrinelli e tra i firmatari dell’atto costitutivo c’è anche il padre di Giangiacomo, Carlo Feltrinelli che di strada ne farà molta a tal punto che nel 1913 entrerà a far parte del consiglio di amministrazione della Edison e nel 1924 verrà scelto da Mussolini come rappresentante italiano nel consiglio di amministrazione della Reichsbank .
Il ribelle della famiglia: Giangiacomo Feltrinelli
Giangiacomo Feltrinelli nasce nel 1926 ma nel 1935 perderà il padre e la madre, Gianna Elisa Gianzana, si sposerà qualche anno dopo con Luigi Barzini. Crescerà in un’ambiente molto conservatore e filomonarchico ma con la fine della guerra, così come scrive Aldo Grandi:“A dispetto di un adolescenza in camicia nera aveva maturato la scelta che avrebbe contraddistinto tutta la sua vita, ossia schierarsi con coloro che erano sempre stati dalla parte degli oppressi”. Proprio per questo si iscrisse al Pci e, ancora minorenne, non potendo contribuire economicamente, cosa che invece farà per tutta la sua vita, si offrì di fare la spia all’interno della sua stessa villa frequentata da molti esponenti di partiti contrari all’avvento della Repubblica.

Il primo contatto con il mondo operaio, così come ha scritto lo stesso Feltrinelli, avvenne quando la madre fece rifare il giardino della villa:“Io divenni amico degli operai e dei manovali e così venni a conoscenza di un altro mondo che non era quello dorato in cui vivevo; dai racconti e dalla discussione imparai a conoscere le condizioni, la vita disagiata che gli operai erano costretti a fare, gli sforzi per mantenere la famiglia, l’insufficienza del loro salario, la costante minaccia della disoccupazione che gravava su ognuno di loro”.
Dall’altro lato però le sue capacità imprenditoriali lo portano nel 1955 ad aprire a Milano in via Andegari l’omonima casa editrice che nel giro di pochi anni acquisirà una grande popolarità a livello mondiale grazie alla pubblicazione di due capolavori della letteratura: il dottor Zivago di Boris Pasternak e il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Dall’amicizia con Che Guevara e Castro alle Brigate Rosse
Questa sua indole lo portò anche in Bolivia dopo la cattura di uno dei suoi autori, il filosofo Regis Debray, che stava seguendo Ernesto Che Guevara inoltratosi nella campagne boliviane a capo di un manipolo di uomini. Qui verrà arrestato (e si badi che non è la sua prima volta dietro le sbarre) insieme alla fidanzata Sibilla Melega e poi sarà liberato grazie alla pressione internazionale e delle autorità italiane.
Ad arrestarlo e, stando a diverse testimonianze, a molestare Sibilla fu il colonnello Roberto Quintanilla, lo stesso che darà l’ordine di mozzare le mani al cadavere di Che Guevara ucciso nell’ottobre del 1967 e che a sua volta verrà ucciso con una pistola dello stesso Feltrinelli da Monica Ertl in un’attentato finanziato anche da lui.

Dall’esperienza boliviana Osvaldo ebbe anche una certa influenza sulle nascenti Brigate Rosse e, come ha raccontanto uno dei fondatori delle Br, Renato Curcio:“Ci spiegò quali erano le tecniche per falsificare i documenti, per affittare gli appartamenti senza destare sospetti, quali dovevano essere le caratteristiche di un buon rifugio clandestino…”
Scorrendo le pagine di Aldo Grandi emerge la vita ambivalente di un visionario che però si lasciò consumare dalle sue idee radicali ed estreme che difatti lo condussero alla morte. Da una parte un sognatore che si metteva in discussione con la sua determinazione e intraprendenza grazie alla quale ha dato vita ad una delle case editrici più importanti d’Italia, dall’altra un rivoluzionario con una rivoluzione che era destinata a rimanere lettera morta dentro ad un cassetto.
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