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Cultura

La verità negata: il caso di David Rossi e della sua morte considerata per troppo tempo “un suicidio”

Sono passati 9 anni da quel 6 marzo del 2013 quando il capo della comunicazione di Monte Paschi di Siena precipitò dalla finestra del suo ufficio: nel suo ultimo libro edito da Chiaelettere, La verità sul caso David Rossi: tutto quello che ancora non sapevamo, Davide Vecchi prova a mettere in fila tutto quello che è emerso da allora.

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Nel nostro Paese capita a volte che il concetto ideale di giustizia venga messo da parte nel momento in cui si scontra con gli interessi personali di chi sarebbe chiamato a ricostruire la verità su quanto accaduto. Questo quello che è avvenuto anche in una vicenda che a quasi dieci anni di distanza resta sostanzialmente irrisolta e circondata da troppi errori così come racconta l’attuale direttore del Tempo, Davide Vecchi nel suo ultimo libro edito da Chiarelettere, La verità sul caso David Rossi: tutto quello che ancora non sapevamo.

Era il 6 marzo del 2013 quando il capo della comunicazione di Monte Paschi di Siena, David Rossi precipitò dalla finestra del suo ufficio al terzo piano nella sede della banca nel centro del capoluogo senese e, per via di troppe coincidenze, la scena del crimine sarà alterata da chi, al contrario, doveva invece andare a scoprire cosa c’era dietro quanto accaduto classificato immediatamente come un semplice suicidio.

David Rossi e il contesto nel quale si inserisce il suo “suicidio”

Monte dei Paschi di Siena –  Piazza Salimbeni

Durante i primi mesi di gennaio del 2013 Siena fu presa letteralmente d’assalto dai giornalisti a seguito dello scoop lanciato dal Fatto Quotidiano che portò alle dimissioni dall’Abi, l’associazione bancaria italiana, l’avvocato calabrese Giuseppe Mussari alla guida di Monte dei Paschi di Siena per sei anni dal 2006 al 2012 affiancato dal vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone.

Così come rivelò il Fatto Quotidiano, il Monte dei Paschi di Siena sotto la gestione di Mussari nel 2009 aveva truccato i conti con un’operazione di ristrutturazione del debito, denominata “Alexandria”, che valeva centinaia di milioni di euro. Per quest’operazione Mussari era indagato ma non il capo della comunicazione della banca David Rossi che, nonostante questo, aveva ricevuto anche una perquisizione. Rossi che poco prima del tragico epilogo incontrerà anche il giornalista Davide Vecchi, così come racconta in questo libro, cercando di capire se quest’ultimo avesse qualche informazione in merito al suo coinvolgimento che, difatti, non era emerso in alcun documento della procura.

Il suicidio di David Rossi e le indagini “farsa”

Partendo da questo contesto Davide Vecchi, che ha seguito nel corso degli anni la vicenda della morte di David Rossi, cerca di raccontare tutti gli errori e le sviste delle prime indagini sulla morte del manager di Mps considerata, anche in assenza di riscontri diretti, un semplice suicidio dovuto alla pressioni di quei giorni. In realtà, come ricostruisce Vecchi nel suo libro, dietro c’è molto altro come i festini hard di cui Rossi sarebbe stato a conoscenza e a cui avrebbero partecipato politici e alcuni dei magistrati che hanno seguito da subito il caso della morte di David.

Frame ritraente David Rossi della trasmissione “Le Iene” che si è occupata più volte del caso Rossi

In questo libro che sembra un accattivante romanzo giallo salvo per il fatto che è accaduto realmente, il giornalista racconta tutto quello che non sapevamo su questa vicenda, dalle incongruenze riscontrate alle nuove perizie che portano a scartare la tesi del suicidio, sostenuta a spada tratta durante le prime indagini, con l’obiettivo esplicito di far luce su questa vicenda che rimane ancora tra i misteri italiani irrisolti.

La tenacia della famiglia e dei giornalisti

Bisogna inoltre sottolineare come Vecchi, uno dei primi giornalisti accortosi delle innumerevoli incongruenze e della troppa superficialità con cui era stata tratta la morte del manager di Mps, ha dovuto anche subire un processo insieme alla moglie di Rossi, Antonella Tognazzi, per via delle mail inviate dal manager all’amministratore delegato di Monte dei Paschi poco prima di morire e pubblicate poi sul Fatto. Processo che è terminato con la piena assoluzione di entrambi e che in un’Italia normale non sarebbe dovuto esistere.

Un altro elemento che emerge in maniera lampante dal libro è che lo spiraglio di verità che si intravede su questa vicenda è stato raggiunto solamente grazie all’ostinazione dei famigliari del manager, dei loro avvocati e alla tenacia di qualche giornalista che fin dal principio si è accorto delle troppe mani che sono intervenute per manomettere gli indizi e le prove che, invece, avrebbero potuto portare alla verità. Così come amaramente costata Vecchi in una realtà dove paradossalmente la giustizia sembrava concentrarsi sui chi cercava di svelare i contorni indefiniti della vicenda, come i giornalisti, piuttosto che concentrasi sulla ricostruzione di quanto accaduto:

“Ha fatto più la commissione parlamentare in pochi mesi che due procure e tre diverse inchieste in quasi nove anni. “

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Direttore e fondatore del sito, scrivo per dare voce a chi non la può fare arrivare lontano. Viaggio ma di confini non ne ho mai visto uno, credo che esistano solamente nella mente di alcune persone.

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