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Politica

Sfruttati, mal pagati e frustrati: il reddito di cittadinanza è davvero la soluzione a tutti i nostri problemi?

Quel Reddito di Cittadinanza, nato per prendere per mano gli emarginati tentando di ricondurli entro i margini della nostra società, è riuscito nella sua impresa? E’ stato effettivamente una panacea per i problemi dell’Italia o un puro atto di follia?

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Sfruttati, malpagati e frustrati non è solo una citazione del grande Rino ma sembra essere sempre più una fedele descrizione di ciò che la classe lavoratrice italiana vive ogni giorno. Mentre affrontiamo l’ennesima crisi di governo e i leader di turno si riempiono la bocca di grandi promesse una grande parte della popolazione cerca di andare avanti, a testa bassa, nutrendosi della speranza che un giorno si sveglierà in un Paese migliore.

Ma se qualche anno fa coloro che vivevano “di stenti” erano consapevoli di ciò e tentavano di lottare insieme per migliorare la propria condizione, oggi la retorica liberale ha radicato nella società la convinzione di poter arrivare in alto con la sola forza dei sacrifici osannando tutti quelli che per anni si son fatti sfruttare in nome della Santa Gavetta e innescando la guerra tra poveri che lascia tutti schiavi.
E allora chiunque rivendica il salario minimo, i contratti veri, chi lotta contro infiniti stage non retribuiti, chi lotta contro il precariato e difende la dignità umana diventa un peso per la società.

L’introduzione del RdC e i criteri per poterne beneficiare

Così il 19 gennaio 2019 viene introdotto il Re dell’assistenzialismo, Signore degli scansafatiche e Dio dei poltronari: il Reddito di Cittadinanza.
Ma forse faremmo meglio a chiamarlo “provvedimento più dignitoso, anche se imperfetto, degli ultimi anni“, che ha preso per mano gli emarginati tentando di ricondurli entro i margini della nostra società. L’impresa è riuscita? Non esattamente.
Innanzitutto, faremmo bene a ricordare che i criteri per poter beneficiare del RdC di certo non riguardano persone che comprano biologico e passano le giornate tra un aperitivo e l’altro. Sono infatti richiesti:

  • un valore del reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui, moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza […];
  • un valore ISEE inferiore a 9.360 euro;
  • un valore del patrimonio immobiliare in Italia e all’estero, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;
  • un valore del patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro per il single, incrementato in base al numero dei componenti della famiglia […];
    Il valore mensile del beneficio va da un minimo di 500€ fino ad un massimo di 1.100€ (nei nuclei con 4 adulti, tra cui una persona con gravi disabilità).

Di certo molti dei meccanismi previsti dal sistema non hanno funzionato: qualcuno che di fatto non necessitava di un sostegno statale ne ha usufruito, i centri per l’impiego non si sono rivelati molto efficienti e molti non sono riusciti a rientrare nel mercato del lavoro (perché non dimentichiamo che il RdC ha lo scopo di agevolare il rientro nel mondo del lavoro aiutando il disoccupato a trovare un impiego consono alle sue qualificazioni ed esperienze).

Di chi è la colpa?

Le patologie del sistema hanno scatenato un’ondata di odio nei confronti di coloro che non riuscivano ad arrivare a fine mese. A dir la verità neanche all’inizio. Ma ciò non significa che la colpa va riversata sugli ultimi e non sarebbe neanche giusto biasimare le persone che accettano condizioni lavorative discutibili additandole come ‘complici’.
Ma allora di chi è la colpa?

Gli imputati dovremmo cercarli nella nostra classe politica dirigente che non riesce a prendere le briglie di questo Paese per andare a risolvere i numerosi problemi alla radice. Dovremmo sentirci grati per un contratto da stagista che non prevede neanche le ferie mentre lavoriamo 40 ore a settimana? O forse contenti perché gli anni passati a studiare verranno egregiamente valorizzati in un call center? Ancora meglio sarebbe seguire i consigli del nostro ministro e metterci tutti in proprio!

Bisogna intervenire con una seria riforma del lavoro, che tenga conto delle nuove sfide, delle nuove esigenze della società e dell’ambiente, per garantire un modello sostenibile capace di rinnovarsi e non lasciare fuori nessuno, investire nei settori in grado di creare nuovi posti di lavoro (cannabis e innovazione digitale dello Stato sono giusto due banali esempi).
Sognare un mondo in cui la dignità umana sia più importante del profitto non basta più e l’incremento delle dimissioni volontarie in questi ultimi anni ne è testimone.

” Mio fratello è figlio unico malpagato

derubato deriso disgregato e ti amo Mario “

MIO FRATELLO è FIGLIO UNICO – RINO GAETANO

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Sono nata in Ucraina e cresciuta nella periferia romana. Fin dal liceo mi occupo attivamente di politica studentesca e territoriale, dipingo nelle giornate di pioggia e scrivo poesie. Oggi studio Scienze Politiche alla Sapienza. Sogno un Paese solidale che abbatta i confini culturali senza cancellare la propria identità.

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