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La Cina e i problemi della strategia Zero-Covid
Nonostante i pareri del mondo scientifico, Xi Jinping ha deciso di puntare tutto sulla strategia Zero-Covid, finendo così in un vicolo cieco.
Fonte foto: The Guardian, fotografia di Aly Songs/Reuters
Milioni di cittadini confinati in casa, scuole chiuse, aziende bloccate, e intere città ferme. Ancora una volta la Cina ha deciso di imporre enormi lockdown nel tentativo di sradicare completamente il COVID-19 dal paese. Una strategia che diventa ogni giorno più controversa man mano che il resto del mondo impara a convivere con il virus.
Ma nonostante i costi della strategia “Zero-Covid” diventino sempre più evidenti, Pechino non può assolutamente permettersi di cambiare rotta. Il governo cinese in questi tre anni ha puntato tutto su questa strategia. Abbandonare “Zero-Covid” darebbe un duro colpo alla credibilità di Xi Jinping.
Xi Jinping, parlando dei suoi risultati sul fronte della salute pubblica, ha più volte ribadito che Zero-Covid è un impegno tanto ideologico quanto concreto. Il leader cinese ha più volte legato questa strategia alla visione politica del Partito Comunista, facendone poi un baluardo contro le misure adottate invece dalle democrazie occidentali. Xi Jinping ha scelto di farsi guidare dal nazionalismo invece che dalla scienza, e qualsiasi ripensamento ora minerebbe la sua immagine, specialmente in vista del prossimo congresso del Partito Comunista. Xi Jinping non vuole mettere in discussione la sua rielezione, considerata quasi certa.
Coerentemente alla visione politica di Xi, la Cina ha deciso di non approvare i vaccini prodotti all’estero, optando solo per l’utilizzo dei vaccini cinesi, che si sono però dimostrati meno efficaci. Il governo cinese ha poi messo a tacere chiunque provi a suggerire una strategia diversa, bollandolo come traditore.

Inoltre il governo, dato che inizialmente Zero-Covid sembrava funzionare, ha incoraggiato lentamente la vaccinazione della popolazione, lasciando vulnerabili soprattutto i più anziani, un’anomalia se consideriamo il resto del mondo. Infine pochi cinesi hanno sviluppato un’immunità naturale al virus, e questo aumenta i rischi per la popolazione.
Attualmente almeno 65 milioni di cinesi si trovano in una qualche forma di lockdown, inclusa la città sud-occidentale di Chengdu, che conta ben 21 milioni di abitanti. Ma anche nelle città senza focolai la lotta al COVID-19 è ormai diventata parte della vita quotidiana. I cinesi sono abituati a mettersi regolarmente in fila per tamponi obbligatori, e vivono monitorando ossessivamente i loro codici sanitari, dei particolari indicatori digitali che gli indicano se possano muoversi liberamente o no.
Anche se con riluttanza, molti cinesi hanno trovato il modo per sopravvivere agli impatti della strategia Zero-Covid. Molti hanno deciso di lavorare di più per racimolare altri soldi, tagliando nel contempo le spese. Alcuni sostengono addirittura che questi sacrifici siano necessari al fine di seguire l’obiettivo generale del governo: la sconfitta del COVID-19.
“Nessuno può abituarsi a questa situazione straordinaria. Ma non c’è un’altra scelta. Zero-Covid è la migliore strategia per sconfiggere il virus. Non possiamo farci travolgere dal COVID-19 come gli occidentali”, ha spiegato Zhang Lang, proprietario di un negozio di alimentari nella città sud-occidentale di Guiyang.

Tuttavia la domanda è per quanto tempo la strategia Zero-Covid rimarrà sostenibile per i piani del Partito Comunista. La disoccupazione giovanile è in aumento, le piccole imprese sono in crisi e le aziende estere stanno spostando le loro catene di approvvigionamento altrove. Un prolungato rallentamento economico minerebbe le promesse di crescita, promesse su cui si fonda la legittimità del Partito Comunista.
“Il costo sociale ed economico di Zero-Covid continuerà ad aumentare. Penso che ad un certo punto i costi supereranno i benefici e allora il Partito Comunista dovrà prendere una decisione”, ha spiegato Yanzhong Huang, ricercatore presso il Council on Foreign Relations.
Ad oggi però i funzionari locali si attengono strettamente alle direttive del partito, imponendo rigorosi lockdown al sorgere di nuovi focolai.
La Cina continua a imporre questa strategia in modo risoluto, facendo sì che il rispetto di Zero-Covid prevalga su tutto il resto. Ad esempio gli stessi ospedali evitano di ospitare pazienti affetti da COVID-19, nel tentativo di non generare focolai nei reparti. Ciò ha portato all’allontanamento di pazienti che avevano un disperato bisogno di cure mediche. Famosi sono poi i casi di forze dell’ordine che irrompono nelle case per mettere in quarantena forzata soggetti positivi.
Addirittura lunedì la polizia ha impedito ai residenti di Chengdu di lasciare le loro abitazioni, nonostante in città fosse in corso un terremoto di magnitudo 6,8.
Cai Xia, un’ex-professoressa presso la più alta accademia del Partito Comunista, ha attribuito la rigidità della strategia Zero-Covid al desiderio di controllo totale di Xi Jinping.
“Un leader più propenso ad ascoltare i pareri degli esperti non avrebbe mai attuato una politica così draconiana, o almeno avrebbe corretto la rotta una volta che i suoi problemi e la sua impopolarità sarebbero diventati evidenti. Ma per Xi Jinping fare marcia indietro equivarrebbe ad un’impensabile ammissione di errore”, ha spiegato la professoressa.
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